Nemmeno due settimane fa era venuta a Merano per aprire un nuovo canale di vendita dei suoi prodotti agricoli, verdure e formaggi di capra, Agitu Gudeta, sempre attiva e col sorriso smagliante sul volto, nonostante le grandi difficoltà che si erano abbattute anche sulla sua attività. I vari lockdown avevano reso più difficile la vendita nella bottega aperta da poco in centro a Trento, perché ci passavano in pochi. Non lo vedremo più quel sorriso, perché Agitu, nata il primo gennaio 1978 ad Addis Abeba, ha lasciato il pianeta terra, non per sua volontà, ma nel modo più orrendo: il suo corpo è stato trovato esanime martedì nella sua azienda agricola «La capra felice» nella valle dei Mòcheni in Trentino. Ammazzata con martellate da un giovane del Ghana, che lei aveva accolto, offrendogli tetto e lavoro. Per un mancato pagamento dello stipendio, pare, ha confessato Adams Suleimani, 32 anni, dopo un lungo interrogatorio, agli organi competenti per le indagini.

IRONIA DELLA SORTE? Agitu, donna di grande energia, con laurea in sociologia a Trento, era tornata nella sua Etiopia perché amava il suo Paese. Dopo qualche anno, però, dopo aver ricevuto minacce di morte e aver visto ucciso un compagno di lotta contro le multinazionali che per accaparrarsi terreni facevano (e fanno) largo uso del land grabbing, si era vista costretta a fuggire. Tornata nella sua Trento da profuga, si era subito data da fare, sapendo bene cosa voleva: mettere insieme i suoi saperi, quelli appresi all’università e quelli delle tradizioni antiche della sua cultura, per riuscire a costruire una attività agricola.

Come fare se non possedeva nulla? Agitu conosceva le zone attorno al capoluogo del Trentino e conosceva le leggi, tra cui una provinciale sul recupero di terre abbandonate. Venne a sapere di svariati ettari di terre incolte nella valle dei Mòcheni (una laterale della Valsugana) e sapeva del rischio di estinzione di una razza caprina autoctona, la capra Mòchena. Mise insieme un progetto che fu accolto e le permise di iniziare.

MARTINA, QUESTO IL NOME della sua prima capra, ben presto si era vista in compagnia di altre, anche del tipo camosciato delle Alpi, fino a far contare oggi il suo gregge centottanta unità, di cui ottanta di tipo autoctono. Vendette da subito il latte e i formaggi. Poi l’attività cresceva, non soltanto grazie alle sue straordinarie capacità imprenditoriali ma anche perché sapeva ampliare le proprie competenze per ingrandire l’attività tenendo sempre presente il complesso equilibrio della biosfera. Così aggiunse galline, con tanto di produzione di uova, nutrendosi esse di scarti della produzione casearia e di altro all’aria aperta, e un orto biologico, di cui vendeva le verdure, soprattutto attraverso i canali di conoscenze e dei cosiddetti Gas (gruppi di acquisto), in provincia e oltre. Ben presto si era messa a fare anche creme cosmetiche col latte caprino sulla base delle ricette della nonna etiope.

AGITU ERA RICONOSCIUTA dalle cooperative agricole, dall’università (che avallava i suoi numerosi progetti), dalla provincia, dalle tante persone attorno a lei. Sapeva gestire la sua azienda in tutto e per tutto, offrendo vitto e alloggio a collaboratori nelle fasi di lavorazione intensa con la formula di agriturismo sociale. Forse era questa la sua colpa? Dovette certamente anche far fronte ad attacchi razzisti di contadini uomini – invidiosi, vien da dire. E forse è da ricercare qui il vero motivo della sua uccisione: il giovane ghanese, assunto come pastore e custode, non sopportava forse di essere “comandato” da una donna?

LA 43ENNE ERA UN VULCANO di idee: stava ultimando il progetto di trasformare la scuola materna del suo paese, Frassilongo, in un B&B con sei stanze per ospitare turisti. L’edificio era diventato inutile perché tra la progettazione e la realizzazione erano passati troppi anni e nel frattempo i bambini erano cresciuti.

Nello sconcerto e nella tristezza per la perdita di una figura capace di far evolvere un’attività agricola, con un occhio alla natura e un occhio all’etica, il nostro pensiero va alle capre, rimaste orfane, e all’intero progetto. Chi può prendere in mano l’eredità lasciata da Agitu Gudeta Ideo, portandola avanti con lo stesso spirito?