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L’eccellenza fa acqua

L’eccellenza fa acquaIl presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro

Campania Sanzioni per la Gori, fiore all’occhiello di Caldoro. La società controllata da Acea è sottoposta a un procedimento avviato dall’Autorità per l’energia ellettrica, il gas e il sistema idrico. Contestate alla Spa numerose violazioni. Nel rapporto si parla di «negligenza nella compilazione dei dati richiesti e incongruenza con i libri contabili»

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 30 agosto 2014

«Io difendo Gori, è un’eccellenza nel Mezzogiorno» dichiarava perentorio il governatore campano Stefano Caldoro su Repubblica il 14 agosto. Peccato che l’eccellenza del Mezzogiorno avesse appena ricevuto da parte dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico l’avviso dell’avvio di un procedimento sanzionatorio deciso nella riunione del 31 luglio. La Gori Spa è controllata dall’Acea di Caltagirone attraverso il 37,5% della quote azionarie, un controllo che esercita attraverso la nomina dell’amministratore delegato (una manciata di azioni è in mano anche alla multinazionale Suez). Il 51% del pacchetto è diviso tra i sindaci dei 76 comuni dell’Ato3 sarnese-vesuviano, che esprimono il presidente. Attualmente la carica è ricoperta da Amedeo Laboccetta, ex An passato nelle file dei berluscones, vicecoordinatore di Forza Italia in Campania.

La Gori, secondo l’ispezione effettuata a metà aprile dalla Guardia di finanza, avrebbe trasmesso valori differenti da quelli desumibili dalla documentazione contabile. Tra le numerose violazioni, avrebbe gonfiato le rate del mutuo (da circa 3milioni a oltre 7), inserendo poi tra gli oneri pagati ai proprietari per l’uso delle loro infrastrutture le somme destinate al rimborso delle rate del mutuo contratto dall’Ente d’Ambito (che riunisce i 76 comuni) per garantire la capitalizzazione della Spa. «Le contestazioni citate rivelerebbero una generalizzata negligenza nella compilazione dei dati richiesti e un incongruenza con i libri contabili» si legge nella nota. Ma i guai non arrivano solo dalla gestione finanziaria. Dalla documentazione viene fuori che la Gori avrebbe incamerato i corrispettivi relativi alla depurazione anche da utenti a cui non è stato assicurato il servizio «con conseguente perdurante lesione dei diritti degli utenti finali».

Alla Gori capita di chiedere in giro soldi quando le servono. Ad esempio dall’amministrazione di Portici ha preteso 6milioni per servizi di depurazione, nonostante il comune ricadesse nelle competenze dell’impianto di Napoli est, nell’Ato2. La stessa richiesta «irrituale», e non dovuta, è stata avanzata ad altri nove comuni. L’eccellenza del Mezzogiorno è piena di idee brillanti per far tornare i conti: dal 2002 non ha mai pagato né la fornitura di acqua all’ingrosso (un debito a tutto il 2012 pari a 218.924.474 euro), né il servizio di collettamento e depurazione delle acqua reflue (53.498.543 euro). La regione è corsa in soccorso con un accordo transattivo, stabilito con la delibera 171/2013: il debito viene diluito in comode rate per 20 anni (i primi 10 senza interessi) a partire dal 2013 con un sconto di 70 milioni e, contemporaneamente, il commissario dell’Ato3 Carlo Sarro (uomo di Nicola Cosentino) ha autorizzato l’aumento delle tariffe del 13,4%. Il primo anno Palazzo Santa Lucia avrebbe dovuto incamerare 4.800.000euro, ma la Gori non ha pagato, a quanto risulta dagli atti della commissione regionale del novembre 2013.

In un convegno alla Uil in febbraio, presente l’ad della Gori Giovanni Paolo Marati, Caldoro spiegava che la strada da intraprendere è quella dell’Ato unico, magari integrando le gestioni delle principali regioni del sud, a partire da Campania e Puglia. Musica per le orecchie Acea, il cui nuovo ad è Alberto Irace: vicesindaco di Castellammare di Stabia dal ’95 al ’97, membro della fondazione Mezzogiorno Europa che fa capo al Pd vicino a Napolitano, ha cominciato la carriera nel consorzio di comuni che confluirà poi in Gori, fino a diventare ad di Publiacqua spa, il gestore privato del servizio in Toscana.

A far avanzare la Campania verso lo scenario futuro ci ha pensato il 31 luglio il maxiemendamento alla finanziaria regionale: nei dieci articoli dedicati all’acqua, Palazzo Santa Lucia prevede, attraverso decreti, l’affido alle società che già operano sul territorio non solo della gestione del servizio di distribuzione ma anche della captazione e dell’adduzione alla fonte, del collettamento e della depurazione. La privatizzazione è completa. Viene poi costituita presso la giunta regionale la Struttura di Missione con compiti vasti: fondi regionali, nazionali ed europei; tariffe, revisione delle concessioni e contenziosi. Un centro unico in capo alla giunta che cancella gli Ambiti territoriali (in cui siedono i sindaci) e decide le sorti del servizio. Il più serio competitor della Gori, l’Abc – azienda speciale pubblica del comune di Napoli – non ha l’affido del servizio da parte del commissario dell’Ato2 (funziona in regime di proroga) e neppure la concessione delle fonti del Serino, nell’avellinese, di cui ha solo la disponibilità alla gestione. La regione ha creato il quadro normativo, all’Acea raccogliere i frutti.

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