Numerosi tecnici e scienziati si sono interessati agli effetti ambientali e sanitarie conseguenti alle attività del Poligono Interforze Salto di Quirra, alcuni ancora prima dell’intervento della magistratura, quando nel 2001 sulla stampa locale emergevano le prime notizie relative alle nascite di bambini malformati e alla diffusione dei tumori nelle zone limitrofe. Una ricerca che si è protratta, tra grandi difficoltà, per oltre quindici anni: un patrimonio di dati, di informazioni, di ricerche, di tecniche di indagine, di analisi e di risultati fondamentale per proseguire le ricerche e accrescere la consapevolezza della nocività, non solo del poligono ma anche, in generale, delle strutture militari.

Lucio Triolo, chimico, è uno degli esperti coinvolto nel lavoro di consulenza per l’indagine sugli effetti sanitari e ambientali delle attività del poligono e con altri scienziati e tecnici è fra gli autori di un lavoro di prossima pubblicazione che sintetizza quello attraverso il quale si è cercato di far luce sul disastro di Quirra.

Quali ricerche sono state condotte, anche in maniera indipendente, a Quirra e nelle zone limitrofe per individuare le connessioni fra patologie e sperimentazioni militari?

Quando hai questo obbiettivo si rendono necessarie diverse tipologie di ricerche, perché le emissioni e loro effetti hanno aspetti diversi. Quindi, è necessario mettere insieme diversi tipi di dati per valutarli. A Quirra sono stati raccolti sugli inquinanti chimici e radiochimici immessi nell’atmosfera, nei suoli, nelle acque e all’interno degli organismi viventi, con conseguente contaminazione del ciclo alimentare; sugli effetti rilevati negli esseri viventi dovuti all’esposizione a tutti questi diversi tipi di inquinanti. È stato condotto un monitoraggio elettromagnetico e si sono svolte indagini epidemiologiche che dovrebbero consentire di rilevare gli effetti prodotti sulla salute degli esseri umani .

È stato difficile reperire i dati in una zona militare?

I dati ambientali si trovano nei rapporti dei consulenti di parte civile. È stato più difficile ottenere i dati interni relativi all’assetto militare: ad esempio la frequenza delle esplosioni, il numero di missili lanciati in uno specifico periodo di tempo, il numero e il tipo di ordigni utilizzati. Per fortuna sono intervenute le guardie forestali e la polizia giudiziaria, che ha prodotto un rapporto con le testimonianze dei civili e dei militari che si sono ammalati. Ricordo quella di una giovane arruolata a 24 anni, impiegata nelle attività di brillamento di materiali militari obsoleti senza gli indumenti di protezione adeguati. Dopo un anno è stata ricoverata per leucemia.

Quali categorie di persone sono risultate più esposte e quali le attività più pericolose?

Le persone che si sono ammalate sono pastori, lavoratori del poligono, abitanti della zona. Alcune sostanze chimiche mutagene contenute nelle emissioni colpiscono in particolare i bambini, perché nella fase di crescita le cellule hanno un tasso di replicazione maggiore. Sono a rischio anche le donne incinte. Un altro fattore mutageno individuato nell’ambiente, questa volta di tipo fisico, sono le onde elettromagnetiche ad alta frequenza e intensità prodotte dai radar e da altri strumenti di telecomunicazione. Queste creano danni alle cellule, provocando leucemie e linfomi, patologie molto frequenti in quell’area. Trovo assurdo che il perito incaricato dal giudice per le indagini preliminari nel 2014 prima di emettere la sentenza, non abbia considerato per niente questi fattori, limitandosi alla descrizione delle sostanze chimiche pericolose.

Sono stati raccolti dati sufficienti sulla diffusione e incidenza di patologie e decessi?

I primi studi epidemiologici sono stati condotti all’inizio degli anni duemila. Ci sono state iniziative spontanee come quella dei due veterinari che sono andati in varie aziende agricole e hanno constatato che dove c’erano patologie negli animali di tipo evidente, come malformazioni fetali e morti premature, i pastori erano colpiti da patologie tumorali. Uno studio che la grandi istituzioni scientifiche non hanno preso in considerazione, ma che ha funzionato da innesco per un intervento più ampio. L’Istituto Superiore di Sanità ha condotto un grosso studio epidemiologico di tutta la Sardegna per il periodo 1997-2001, nell’area di Quirra si è studiato un campione di 10 comuni, per un totale di 26 mila persone.

Cosa dicono questi dati?

È emersa una maggiore diffusione delle malattie al sistema linfoemopoeitico (mortalità 28% in più negli uomini, il 12% nelle donne), mentre per altre patologie i dati non si discostavano molto dalla media regionale. In seguito l’associazione Gettiamo le basi ha scorporato con maggiore dettaglio geografico quegli stessi dati e i risultati mostrano un incidenza maggiore per le frazioni più esposte alle attività del poligono. Dei 10 casi morti per linfoma di Hodgkin rilevati dallo studio sul campione di 26 mila persone, si è visto che 9 si trovavano nelle frazioni di Villaptzu e Muravera, che hanno rispettivamente 5 mila e ottomila abitanti. Ancora più interessante il dato relativo alla mortalità per tumori del sistema linfo-ematopoietico, che sono quelli più ricorrenti in queste aree a rischio: su 36 casi, nelle due frazioni ce ne sono 27, di cui 13 solo nell’anno 2000. Il solo dato statistico, anche se corretto, non rileva il fatto evidente che qualcosa è successo in quelle aree a stretto contatto fisico, chimico, meteorologico con l’area dove si lanciano i missili e dove si fanno anche diversi tipi di sperimentazione.

Quali altri dati mettono in relazione con le attività militari le patologie riscontrate nelle persone?

Uno studio realizzato dalla società Nanodiagnostic ha trovato nanoparticelle all’interno di fegato e reni degli animali e degli umani. Sono dati importanti perché queste microsfere contengono metalli pesanti, come il tungsteno, ed elementi radioattivi come il torio che non esistono in natura. Possono essere introdotti solo con attività militari, tanto più che la forma sferica si produce solo quando si raggiungono temperature altissime, come la fiamma dei missili e delle esplosioni. Per stabilire il nesso causa-effetto questi dati, anziché ignorati come hanno fatto i periti di parte, andrebbero approfonditi ed estesi.