Eccole qui le vie d’acqua. E non sono costate niente. Non c’è stato bisogno di infiltrazioni mafiose e neppure del più contestato cantiere legato ad Expo con tanto di ditta appaltante beneficiata dalla cupola delle bustarelle. E’ bastato Giove pluvio: l’altra notte ha scaricato su Milano il più classico dei temporali estivi e il Seveso è esondato. E’ sempre così da almeno 35 anni. Come al solito ha allagato il quartiere Niguarda, ma questa volta anche l’Isola. Otto ore a mollo, luce elettrica saltata, cortili, cantine e negozi invasi dal fango. Un fiume al posto di viale Jenner e viale Zara, fino a piazzale Lagosta, a un passo dai grattacieli di Porta nuova e dal nuovo super palazzo della Regione.
Non è più la Milano da bere. È la Milano da esposizione permanente, tutta chiecchiere e distintivo. Sotto il vestito fango. Una città che vorrebbe e non può più. E allora si affanna a rifarsi il trucco, a inventarsi eventi continui, ma sotto lustrini e paillettes fa acqua da tutte le parti. Ieri qui sono arrivati tutti i ministri degli interni e della giustizia europei per il primo summit del semestre di presidenza italiano della Ue. Si sono sprecate parole roboanti su Milano che torna al centro dell’Europa con tanto di celebrazioni ufficiali e cene di gala. Ma intanto i milanesi erano in strada con gli stivali e le braghe alle ginocchia. Non è mancata neppure l’immancabile polemica all’italiana con rimpallo delle responsabilità. Da una parte il Pd e il Comune hanno accusato la Regione di non aver lanciato l’allarme, dall’altra la Regione ha accusato Palazzo Marino di cattiva gestione dei suoi corsi d’acqua. Solo altri schizzi di fango.
L’esondazione del Seveso è il risultato di decenni di cementificazione incontrollata di tutta la zona nord della metropoli. Condita con una costante mancanza di manutenzione ordinaria. Per questo non fa che ripetersi puntalmente ad ogni acquazzone appena un poco più abbondandante. Per risolvere il problema da anni si disquisce dell’ennesima grande o piccola opera. Evidentemente era più urgente e redditizio fare Expo. Una grande opera ancora più grande che dovrebbe tenere a galla un’economia che altrimenti rischia di andare a fondo. Ma la città dell’Espozione universale non è neppure in grado di garantire ai suoi abitanti che domani mattina non si troveranno un torrente al posto delle strade. E’ la capitale immorale dell’Italia che fa la Tav ma non pensa ai pendolari, che costruisce ovunque e non investe nulla per arginare il dissesto ecologico, che spende e spande ma non crea lavoro. Passa dallo scandalo di Expo a quello del Mose e finisce per ritrovarsi l’acqua alta non solo a Venezia ma anche a Milano. “Ci manca solo la gondola”, scherzavano ieri i milanesi. E pensare che proprio l’altro giorno, ricordando Leonardo da Vinci, la Regione aveva proposto all’Unesco di inserire il sistema idrico lombardo tra i patrimoni mondiali dell’umanità.