C’è sempre un’inquietudine soffocata nei romanzi di Sebastiano Nata, che la sua scrittura nitida, esatta, sigilla. Un malessere sotterraneo che non grida, e implacabile attanaglia le vite dei personaggi, che sono sempre borghesi romani, agiati e annoiati, colti tra crisi matrimoniali fatte d’ipocrisia e sotterfugi, segnati da fisiologici tradimenti, ma anche da dolorose delusioni umane e sentimentali. Come in altri indimenticabili libri dell’autore romano, fin dall’esordio de Il dipendente, vero e proprio caso letterario, e poi La resistenza del nuotatore, Mentre ero via, tra gli altri, anche in Tenera è l’acqua (Atlantide, pp. 208, euro 20) al centro della narrazione...