Le traiettorie della paura
Saggi «Les jeunes de banlieue mangent-ils les enfants?» di Thomas Guénolé: un autentico «livre de combat», un vero manuale di controinformazione
Saggi «Les jeunes de banlieue mangent-ils les enfants?» di Thomas Guénolé: un autentico «livre de combat», un vero manuale di controinformazione
Impertinente caso editoriale fin dal titolo, Les jeunes de banlieue mangent-ils les enfants?, Editions Le Bord de l’Eau (pp. 213, euro 17), il saggio del giovane politologo Thomas Guénolé, che si avvale della prefazione di un nome illustre della ricerca sociale europea quale è quello di Emmanuel Todd, pubblicato alla vigilia dell’anniversario della grande rivolta delle periferie francesi scoppiata nel 2005, passa in rassegna pregiudizi e stereotipi che caratterizzano lo sguardo di buona parte della società transalpina sui giovani delle periferie metropolitane.
Se a dieci anni dalla loro morte, mentre gli agenti coinvolti sono stati tutti prosciolti, una strada di Clichy-sous-Bois è stata intitolata a Zyed Benna e Bouna Traoré, i due adolescenti che rimasero uccisi per sfuggire a un inseguimento della polizia, provocando le violente proteste che dalla cintura urbana di Parigi si sarebbero rapidamente estese all’intero paese, il libro segnala come molto poco sia cambiato rispetto alle tragiche dichiarazioni rilasciate dal ministro degli Interni dell’epoca, e futuro presidente, Nicolas Sarkozy che definì «racaille», feccia, i giovani banlieusard e promise che uno di questi quartieri, La Courneuve, sarebbe stato «ripulito con il karcher», gli idranti con cui i netturbini spazzano i bagni pubblici e i boulevard, dopo la morte violenta di un altro ragazzo.
Pensato, secondo Todd, come un autentico «livre de combat», una sorta di «manuale di contro-informazione» si potrebbe dire ricorrendo ad un vocabolario d’altri tempi, Les jeunes de banlieue mangent-ils les enfants? individua e si ripromette di confutare le criticità che emergono nella narrazione collettiva e dominante sulle banlieue, e in particolare sui loro giovani abitanti, specie se di origine maghrebina o africana, oggetto di una discriminazione preventiva, che tende a determinarne la possibile traiettoria, che si presume non possa che condurre a «un’esistenza parassitaria», quando non ad esplicite attività criminali o addirittura al terrorismo di matrice islamista, e questo per il solo fatto di provenire da determinati quartieri e zone delle metropoli. Sviluppato attraverso voci che fanno riferimento ai punti maggiormente toccati dal dibattito pubblico francese, da Islam e velo, a giovani e malavita, alla crescita di un nuovo antisemitismo, fino alla situazione sociale di questi quartieri, con particolare attenzione all’istruzione e al lavoro, e al modo in cui i media e l’industria culturale contribuiscono al prendere piede di cliché e pregiudizi, la ricerca di Guénolé analizza anche il rapporto della politica con «la gente di banlieue» e il ruolo che intellettuali e commentatori, soprattutto ma non esclusivamente di destra, giocano nel diffondersi di un’immagine atta a suscitare paura e inquietudine nell’opinione pubblica – quella per cui l’autore ha coniato il neologismo di «banlianophobie mediatica» -, attraverso la trasformazione dei giovani delle periferie in una specie di «mostri della porta accanto» per molti francesi.
Questo, come sottolinea Guénolé, malgrado «per la stragrande maggioranza dei ragazzi delle banlieue – con l’eccezione di un’esigua minoranza composta da chi riesce nella sua ascesa sociale o, al contrario, vive di traffici diversi o, in misura ancora minore, precipita nell’adesione al totalitarismo wahabita o salafita -, la realtà quotidiana equivale alla routine di un giovane povero che tira a campare e non riuscirà mai ad uscire in alcun modo dal ghetto in cui vive: tra costoro, 6 su 10 hanno un lavoro sottopagato o precario, 4 su 10 sono disoccupati».
In sintesi, come spiega Emmanuel Todd, si tratta di un volume che è frutto di un attento lavoro di documentazione, ma anche della sincera volontà di decostruire quei luoghi comuni che sono alla base di scelte politiche dalle conseguenze nefaste. Questo perché, a detta del celebre intellettuale, l’autore è riuscito a sottrarsi «alla grande separazione, alla doppia irresponsabilità: è, come i giornalisti, ancorato al presente e alle sue crisi, ma allo stesso tempo si muove in una percezione sociologica e statistica dei fenomeni e dei loro meccanismi».
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