Le gallerie d’arte a Milano non hanno frenato la loro attività. Anzi, la loro progettualità sembra essersi affrancata dal periodo nero della pandemia per riversarsi in un lavoro tutto spostato su un futuro prossimo che possa rappresentare non un recupero del tempo perso, ma un modo di avvertire le sensibilità dell’arte contemporanea. Detto questo: tra le esposizioni ancora visitabili in zona rossa, per appuntamento o in modalità online, e a meritare più di un cenno, senz’alcun dubbio vi è la personale di Paolo Parisi allestita a Milano, al Building di via Monte di Pietà (fino al 27 marzo per poi essere sostituita dall’8 aprile da Etere di Yuval Avital, artista israeliano che già lo scorso dicembre dovette ridimensionare la sua presenza milanese, ripiegando sul bellissimo ciclo di Mount Zero).

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A curare la mostra del cinquantaseienne artista siciliano, residente a Firenze dove è docente all’Accademia delle belle arti, è Lorenzo Bruni che ne ha elaborato il concept progettando una relazione di reciproco viaggio, tra la visione dello stesso Parisi e il visitatore, consegnata all’osservazione strettamente fisica delle opere. Ovviamente inserite nel contenitore disegnato in Building. Vi è da aggiungere che è stata approntata anche una visita on line in previsione o meglio precauzione di un’eventuale richiusura. I quattro cicli di opere, selezionati dai lavori dell’ultimo triennio 2018-2020 per questa «esplorazione» su due piani della galleria milanese, ha preso il titolo da uno di questi: The weather was mild on the day of my departure. Come ha avuto modo di illustrare nell’one to one inaugurale lo stesso Parisi, le opere scelte rappresentano l’essenza medesima del suo modo di intendere l’arte, le cui torsioni temporali diventano strati sui quali porre le basi per una continua riflessione critica con l’antico e il moderno che travalichi la dualità occidentale a favore dell’individuazione di una possibile nuova via. Ciò non è esente da posizioni militanti e civili, anche di rottura con la tradizione.

Tale frattura per la sua estensione concettuale si professa nelle tematiche del site specific di Alle ragazze d’Italia! (2021), tre grandi tende mobili che riproducono in fronte/retro ricami e orditi geometrici tratti da un vecchio manuale di cucito mischiati a immagini collazionate dall’artista. Ed è interessante la trama dialogica e narrativa che questi teli instaurano con la dualità figurativa e astratta, fotografica e pittorica, del ciclo che dà come già detto titolo alla mostra. Ma è sulle tele dei cicli di The whole world in a detail (Fabric) del 2020 e di  The whole world in a detail dell’anno prima che Parisi sembra giocare la sua partita con la storia dell’arte. Questo è il punto nodale della mostra in cui si comprende e si sostanzia il rapporto che l’artista intravede tra l’intarsio rinascimentale tipico delle stoffe di quell’epoca d’oro e la modernità novecentesca della scoperta del monocromo come veicolo di riflessione sul colore e postura dell’opera nel farsi sulla tela. Completano il percorso lavori risalenti al 2013: la serie di sculturine U.s.a.i.s.o. e il film Untitled Postcards che ripropone la relazione che Parisi ha con l’immagine reale e il suo rapporto con il quotidiano osservare la realtà.