C’è una poesia, oggi in quota maggioritaria, che letteralmente si separa dal corpo vivo dell’esperienza ovvero dalla realtà tridimensionale per avviarsi in un inframondo di esclusivi, e anzi revulsivi, significanti: si tratta della poesia della perfezione, per etimologia, e come tale portatrice di una paradossale cecità. Viceversa si inoltra nella parzialità, per proverbio imperfetta, del mondo vivo la parola che ne deduce ustione, ferita o fisico impedimento: questo è il minoritario della poesia naturaliter materialista di cui Maria Teresa Carbone fornisce un nitido esempio con Calendiario (Nino Aragno editore, pp. 68, euro 15), volume che accoglie un lavoro oramai ventennale....
Cultura
Le stanze disadorne del quotidiano
POESIA. «Calendiario», una raccolta poetica di Maria Teresa Carbone, per Aragno. Il verso è frontale, nudo di orpelli e di nomi propri. Batte sottotraccia, ma tenuto in sordina, il pulsare tipico dell’endecasillabo