L’onda che ha travolto la quotidianità del mondo intero ha fatto riemergere, anche nel discorso pubblico dominante, parole preziose come solidarietà, collaborazione, costruzione di reti e di sostegno.

Eppure anche dinanzi a questa emergenza sanitaria c’è chi continua a non avere diritto di cittadinanza, tanto è forte lo stigma, il giudizio e la discriminazione.

Parliamo delle/i sexworker che, nella stragrande maggioranza dei casi, non hanno grandi risorse né accedono alle misure di tutela e sostegno al reddito che, sotto molteplici forme, ha previsto il Governo.

Non solo, se sprovviste di documenti o se persone trans hanno grossi problemi ad accedere anche ai servizi sanitari.

Per questo la Piattaforma nazionale anti-tratta, il Comitato per i diritti civili delle prostitute e il collettivo di sex worker Ombre Rosse ha costruito e lanciato una campagna di crowdfunding “Covid19-nessuna da sola-sostieni le sexworker” per sostenere economicamente e con aiuti materiali tutte le persone che fanno lavoro sessuale e che, al pari di tante altre, stanno vivendo in una condizione di indigenza determinata dall’emergenza Covid-19 e che non potranno richiedere gli ammortizzatori sociali.

«È un momento di disperazione e di paura: molte delle giovani sex worker e persone trans sono migranti, sole e senza una rete familiare a cui far riferimento; molte altre sono madri e con il loro lavoro sostengono tutta la famiglia – raccontano le promotrici dell’iniziativa – E sarà sempre peggio. Vi sono persone dedite ad attività di prostituzione in forma libera, concordata o costretta, già in condizioni di vulnerabilità umana e sociale, e oggi rischiano di precipitare in condizioni di povertà estrema. Condizioni di necessità che potrebbero costringerle a lavorare, violando le regole, esponendosi alle relative conseguenze penali e ai rischi per la propria salute e quella collettiva».

I fondi verranno distribuiti su tutto il territorio nazionale attraverso la rete delle associazioni anti-tratta che fanno capo al numero verde del Dipartimento Pari Opportunità gestito dal comune di Venezia ed è fondamentale agire in tempi rapidi perché in molte si ritrovano sotto sfratto, se non già per strada, e non hanno modo di provvedere ai beni di prima necessità come cibo e medicine.

Come ricordato all’Adnkronos da Pia Covre, storica rappresentante del Comitato per i diritti civili delle prostitute: «Non fermatevi a giudicare. Aiutate chi ha più bisogno di voi».

Anche per spezzare la retorica che ci vorrebbe tutte/i uguali dinanzi alla pandemia, non è così ed è necessario ribadirlo, come da tempo sostengono in molte: «Questa raccolta fondi non deve essere considerata come ‘beneficienza’ o pietismo – chiosa Alessia, attivista per i diritti delle/i sexworker – ma la precisa richiesta a considerare le/i sex worker soggetti di diritti. Chissà che una iniziativa nata in piena emergenza non sia l’occasione, ora che andiamo tutte meno di corsa e che siamo più a contatto con la nuda vita, per ripensare il lavoro sessuale sotto una luce diversa. Lavoro sessuale come lavoro, con le dovute tutele e diritti per chi lo svolge fuori da coercizione e sfruttamento, emersione dalla clandestinità, adeguate tutele sanitarie, rilancio della lotta allo stigma. In questo momento è fondamentale il sostegno per la sopravvivenza, ma sarebbe bello che un domani divenisse anche altro, il riconoscimento una volta per tutte dei diritti delle/dei sex worker, dando voce alle loro lotte e ai loro bisogni, come si addice a soggetti e non oggetti di diritto».