Se la paternità può essere fonte di amarezze, come ebbe a dire Mario Cecchi Gori di fronte alle disobbedienze e ai colpi di testa del figlio Vittorio, vale anche l’opposto: non per caso Matteo Renzi, negli anni della sua scalata al potere, si era trovato più di una volta a discutere (semi)privatamente con babbo Tiziano, proprio in relazione agli affari di famiglia. Che rischiavano di renderlo politicamente vulnerabile, specialmente nel passaggio di Renzi junior dalla «operosa» provincia toscana ai fasti del Nazareno e di Palazzo Chigi.
Ora l’avvocato Federico Bagattini, ottimo penalista e buon portiere nei campionati amatoriali e nella cult Chaltron’s Cup, prova a gettare acqua sul fuoco: «L’esagerazione più grossa del dispositivo del gip è la misura degli arresti domiciliari per Tiziano Renzi e Laura Bovoli. Non voglio discutere del merito del provvedimento sotto il profilo degli indizi di colpevolezza, anche se c’è tanto da dire e da confutare, ma non si può in una fattispecie di questo genere mettere due persone, che non sono neanche dei ragazzini, agli arresti domiciliari. Non riesco a comprenderlo».

Anche davanti ai cronisti Bagattini fa il suo mestiere. Ma avendo già iniziato a studiare le 85 pagine dell’ordinanza della gip Angela Fantechi, sa che smontare le ipotesi accusatorie non sarà facile. «Sussiste il concreto ed attuale pericolo – scrive ad esempio la giudice delle indagini preliminari – che gli indagati commettano reati della stessa specie di quelli per cui si procede (tributari e fallimentari), ciò emerge dalla circostanza che i fatti per cui si procede non sono occasionali e si inseriscono in un unico programma criminoso in corso da molto tempo, realizzato in modo professionale con il coinvolgimento di numerosi soggetti nei cui confronti non è stata avanzata richiesta cautelare, e pervicacemente portato avanti anche dopo l’inizio delle indagini».

Grazie al lavoro della procura fiorentina, attraverso i documenti sequestrati alle svariate società di Renzi senior, ed anche con i riscontri testimoniali di alcuni dipendenti, si scopre ad esempio che ci sono sessantacinque fatture per operazioni inesistenti o gonfiate, per un valore complessivo di 724.946 euro. Quanto alla Delivery Service, la coop da cui è partita l’inchiesta, i finanzieri impegnati con i pm Luca Turco e Christine Von Borries annotano che «è stata in regola solo per il primo anno», per essere poi assai indebitata nel 2010, e chiusa l’anno seguente. Con due evasioni contributive, una di 287.131 euro e un’altra di 332.131 euro, cui vanno sommate le multe dovute «all’accertamento di lavoratori al nero».

Il consolidato meccanismo usato per alleggerire la capofila Eventi 6 (il cui giro d’affari è passato da un milione nel 2014 a sette milioni oggi) degli oneri previdenziali e fiscali, per mezzo di coop che nascevano, si indebitavano e chiudevano, diventa fatale per i coniugi Renzi nel caso della Marmodiv, per la quale i pm chiedono il fallimento il 4 settembre 2018. Così la gip Fantechi: «Attualmente è in corso di compimento, da parte di Renzi Tiziano e Bovoli Laura, la fase dell’abbandono della Marmodiv, ed è del tutto verosimile ritenere che, ove non si intervenga con l’adozione delle richieste misure cautelari, essi proseguiranno nell’utilizzo di tale modus operandi criminogeno, coinvolgendo altre cooperative». Una conclusione corroborata dall’ultima consulenza tecnica sulla Marmodiv disposta dalla procura a fine gennaio, e che porta il gip a disporre gli arresti domiciliari dopo quattro mesi dalla richiesta dei pm, datata 26 ottobre 2018.

Le ripetute bancarotte “pilotate” (Delivery, Europa, Marmodiv) e quindi fraudolente, sono pane quotidiano per i finanzieri. Come sa bene l’imprenditore Mariano Massone, il terzo arrestato nell’inchiesta, in affari con Renzi senior e moglie dall’ormai lontano 2010, che utilizzava come “testa di legno” anche il padre Gian Franco, quasi ottantenne. Mariano Massone al momento dell’arresto di lunedì era affidato in prova ai servizi sociali, dopo una condanna per bancarotta.