Un po’ come è accaduto nella musica dove ad un certo punto il mondo dei vinili è ritornato a pulsare mostrando originalità, così nell’editoria il mondo delle riviste indipendenti sta mostrando una capacità e una versatilità inedita. Un mondo che va da curatissime riviste patinate e arriva fino alle fanzine prodotte artigianalmente.
Uno degli aspetti più interessanti riguarda i canali distributivi. Ogni settimana nasce una nuova rivista ed è impossibile che ognuna possa arrivare in edicola. Christian Rocca, già direttore di IL Magazine del Sole 24 Ore, rivista pluripremiata che ha radicalmente modificato la percezione di rivista culturale, ora rilancia proponendo dei periodi cartacei con Linkiesta da sempre solo online.

L’innovazione editoriale passa attraverso il messaggio e nulla come la carta offre concretezza alla fidelizzazione con il lettore. Tuttavia pur partendo da una rivista sostanzialmente di attualità politica la distribuzione come ci ha detto Rocca può essere limitata solo a due città, ovvero Roma e Milano, per il resto acquisto online diretto. Il successo dei primi numeri de Linkiesta Paper seguito da quello della rivista letteraria K, probabilmente la rivista di letteratura più venduta degli ultimi anni, stanno a dimostrare che un buon equilibrio tra curatela dei contenuti, qualità grafica e un affidabile posizionamento vengono accolti con favore dai lettori.

Ma come funziona se si elude totalmente l’attualità politica e la cronaca alzando l’asticella della specificità culturale? Lo abbiamo chiesto ad Anna Quinz, direttrice creativa che insieme a Kunigunde Weissenegger ha dato forma a Moreness: «un magazine organizzato in trilogie: ogni volume di ogni trilogia è composto da 200 pagine, in 4 tipi di carta diversi, con circa 14 articoli longform».

La rivista curatissima e preziosa si occupa di temi montani in particolare delle Dolomiti: «Abbiamo deciso di occuparci di questi temi e contenuti perché vivendo nel contesto montano, ci siamo rese conto di quanto poco la nostra montagna venga raccontata al di fuori dell’immaginario dell’outdoor, dello sport, ecc. e ci interessava portare un altro punto di vista su questo ambiente così prezioso, delicato e unico al mondo (le Dolomiti sono patrimonio Unesco), con un approccio più spiccatamente analitico, dialogico e intellettuale. In più, lavorando da 10 anni nel marketing territoriale, nell’editoria e nella comunicazione di montagna, conosciamo perfettamente luoghi, storie e talenti di queste terre alte e volevamo valorizzarli e metterli in risalto, mostrandone le tante e diversificate sfumature creative, artistiche, di ricerca».

Figlio dell’agenzia editoriale e di comunicazione FranzLAB, Moreness ha una tiratura intorno alle mille copie tutte distribuite autonomamente: «Moreness è anche concepito come un format aperto, quindi non escludiamo la pubblicazione di numeri singoli dedicati a temi molto specifici e stretti, anche su richiesta di partner, istituzioni, aziende».

In sostanza la rivista è uno strumento multiplo che partendo da un’oggetto culturale specifico può tramutarsi in una serie di prodotti editoriali diversissimi che a loro volta possono divenire veri e propri oggetti di comunicazione. Per farlo è necessario controllare fortemente il messaggio cercando con cura i lettori, come ci spiega sempre Anna Quinz: «Non ci appoggiamo a distributori. Il nostro modello è nelle intenzioni molto legato alle presentazioni fisiche, seppure limitate nell’anno Covid».

Canale distributivo di riferimento per i magazine indipendenti è senza dubbio Edicola 518 che ha preso forma proprio da una classica edicola di Perugia nel 2016 fino a diventare uno degli esempi più virtuosi di libreria indipendente in Italia. Edicola 518 (compresa l’antenna veneziana curata da Anna Tonti) insieme a Verso a Milano, Marco Polo a Venezia e Giufà a Roma rappresenta un modo innovativo di pensare la libreria come punto d’incontro tra lettori e nuove realtà editoriali.

Una modalità che rimette al centro la necessità di ricostruire un senso di appartenenza civica e di comunità insieme alla volontà di offrire uno spazio relazionale reale dentro al quale realizzare un vero e proprio scambio, humus fondamentale per dare vita alle riviste indipendenti.

Avverte Emanuele Zoccatelli visual designer e tra gli ideatori di O45 Zine che propone Le mani sulla città, una rivista di narrazioni urbane: «L’idea di collettivo di microeditoria ha anche il senso di intendere la cosa come aggregazione fluida, che muta da progetto a progetto. Non sviluppiamo solo progetti editoriali ma anche eventi e workshop».

La rivista dunque come laboratorio, come luogo di partecipazione al di là della sua reale struttura, sempre Zuccatelli infatti ci dice che: «Non abbiamo né figura giuridica né sede. Ci incontriamo in mille modi diversi: ora al bar ora in studio. In taverna di qualcuno, in biblioteche, ecc. Quando abbiamo eventi o workshop cerchiamo luoghi e collaborazioni».

Fluidità è invece la parola d’ordine di Menelique: «Siamo un collettivo abbastanza fluido, al momento composto da circa 20 persone. Ci dividiamo in una redazione e in una squadra grafica. Ogni membro del collettivo vive in città diverse, quindi ci incontriamo online. Il flusso di lavoro, lo stiamo costruendo piano piano, cercando di capire come collaborare a distanza, pur mantenendo un rapporto umano tra tutte le persone.» Ci spiega Giovanni Tateo, direttore di Menelique: «Abbiamo scelto di parlare di politica, e di provare a farlo in un certo modo, come forma di militanza. Se ci troviamo ad abitare una società carica di oppressioni – disuguaglianze sociali, sessismo, razzismo, mercificazione di ogni aspetto del reale –, è anche perché negli ultimi decenni chi è disposto a emanciparsi da queste oppressioni non è stato in grado di uscire dalla propria zona di comfort, di comprendere i meccanismi di oppressione che si nascondono nella propria quotidianità, così come quelli che vengono esercitati non da noi, individualmente, ma dai gruppi sociali a cui apparteniamo».

E qui siamo alla seconda parola d’ordine. Insieme a fluidità, militanza racchiude la necessità di chiarezza e di espressione di un mondo che non si riconosce più nei classici canali di produzione culturale, ma al tempo stesso è in grado di coglierne le qualità ancora vive offrendo un taglio inedito e innovativo.

I magazine indipendenti offrono una curatela attenta, trasversale e capace di interpretare i nostri tempi. E non a caso i luoghi di partenza non riguardano tanto l’elaborazione quanto la produzione culturale: da gallerie d’arte a studi d’architettura, da agenzie di comunicazione a studi grafici.

Rivista milanese per eccellenza Tazi Zine rappresenta invece l’autoproduzione in purezza: «Ci piace l’idea di creare dei progetti che rientrano nel mondo ’fanzine’ e autoproduzione con una particolare attenzione al tipo di contenuti e una cura sulla qualità della stampa, scelta delle carte e soluzioni grafiche e di design ricercate. Cerchiamo sempre di restare al limite tra un prodotto che faccia capire l’autoproduttività che c’è dietro ma che nello stesso tempo abbiamo una qualità maggiore rispetto alla classica fanzine». Le riviste indipendenti coagulano dentro di sé non solo mondi e competenze diversissime, ma anche linguaggi incrociando quelli politici con quelli «tecnologici»: sociale e culturale insieme.

Ben oltre le arcinote questioni sull’alto e sul basso, sugli apocalittici e gli integrati, queste pubblicazioni rappresentano un’opportunità per il mondo editoriale di ritrovare inedite strade per la sostenibilità e perché no anche per il profitto. Mentre per la cultura rappresentano una formidabile occasione per rigenerarsi intrecciandosi e producendo non solo nuove identità, ma anche e soprattutto – direbbe Giulio Bollati – un nuovo carattere nazionale poroso e capace di sviluppare uno sguardo limpido sul nostro tempo.