L’attività investigativa della procura di Napoli ha messo in luce uno spaccato inquietante sulla bonifica di Bagnoli e il gip ha autorizzato un provvedimento clamoroso: il sequestro di un pezzo di città (circa 300 ettari!). Anche se, in realtà, sostanzialmente, oramai da molto tempo, Bagnoli era stata già messa sotto sequestro dagli interessi speculativi della borghesia più rozza d’Europa, che ha sempre osteggiato il recupero ambientale e paesaggistico del sito – tra i più belli del mondo – e l’applicazione delle leggi, delle norme di piano, e dei vincoli paesistici che tale recupero impongono.

Una borghesia che ha sempre considerato un delitto la rimozione della colmata (definita una bomba ecologica da tutti i ministri dell’ambiente degli ultimi decenni, che inquina il mare e deturpa il paesaggio) e una follia l’aver previsto un parco verde di 120 ettari, nella città con il tasso di verde pubblico tra i più bassi d’Europa. Una borghesia che ha cercato in ogni modo, dai posti di responsabilità, di sabotare il piano regolatore, sempre con gli stessi mezzi. Ci provò nel 2003 con il progetto di fare svolgere la coppa America a Bagnoli per stravolgere questo piano e ha continuato nel 2011 con l’idea, poi fallita, di fare svolgere la coppa America proprio sulla colmata di Bagnoli per legittimarla (iniziativa bloccata da un concorso di cause, tra cui le iniziative della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, dal Ministero dell’ambiente e dalla procura).

Il sequestro di Bagnoli non l’ha fatto oggi la magistratura, ma da tempo la borghesia lazzarona di questa città, con la complicità di tutta la classe dirigente: politici, professionisti, imprenditori, accademie, imprese, istituzioni.

Il sequestro di Bagnoli ha allora un valore simbolico (il sequestro di un pezzo di città), che vale per Bagnoli come per tutti gli atavici mali che affliggono Napoli, dai rifiuti alla gestione delle partecipate. Come uscire da questo vortice infernale se è il prodotto della sua classe dirigente?

Gli amministratori hanno certo le loro gravi responsabilità, ma non sono certamente i soli responsabili. Occorre, infatti, capire che ieri come oggi sono stati aiutati da professionisti, imprenditori, stampa, ingegneri, architetti, istituzioni, locali e nazionali, ceto politico, accademici con l’unico intento del saccheggio del denaro e dei beni pubblici; un coacervo di interessi che asfissia Napoli allo stesso modo, ieri come oggi.

Bagnoli è allora un caso paradigmatico del fallimento dell’intera classe dirigente; una classe dirigente che ha dimostrato di non saper interpretare il proprio ruolo, di non comprendere i doveri che ha nei confronti della collettività. A Napoli occorre ricostruire il tessuto sociale, formare una nuova classe dirigente che non sia compromessa con questi disastri, che sappia operare per spirito pubblico e per l’esclusiva difesa dei beni e degli interessi pubblici.

*consigliere comunale Napoli