Il lavoro prima di tutto. Il viceministro all’economia Stefano Fassina prima commenta la decisione della Consulta che ha dichiarato illegittimo l’art.19 dello Statuto dei lavoratori che esclude dalle rappresentanze i sindacati non firmatari di accordi. «Sana un vulnus alla democrazia e alla Costituzione. Era nel nostro programma». Poi il Consiglio supremo di difesa sugli F35: «Parole sorprendenti. La legge 244 è chiara, il parlamento è centrale in materia di riordino dei sistemi d’arma».
Fassina, oggi voi firmatari del documento Fare il Pd chiamate il partito a un primo confronto sul congresso, a Roma. Per dire cosa?

Il Pd dovrà scegliere una linea politica e un segretario attraverso la competizione, ma ha un’urgente esigenza di condividere una cultura politica. I passaggi terribili dell’elezione del capo dello Stato lo hanno dimostrato. Non a caso il congresso avrà la parte sui territori svincolata dalle candidature nazionali. Si ridurranno i rischi delle filiere correntizie che partono da Roma o da Firenze e arrivano fino ai circoli. Per combattere l’asfissia del correntismo.

Tutte le correnti contestano il correntismo e poi fanno riunioni di corrente. Anche voi bersaniani.

Infatti la nostra prima uscita è con tutti. Vogliamo che sia una discussione trasparente e aperta, anche alla stampa. In un congresso ovviamente ci sono parti che competono. Il punto è che dovrebbero essere parti che si formano su una linea politica. Che non necessariamente diventa una struttura permanente finalizzata alla contrattazione interna.

Parliamo allora di linea politica. Il candidato Cuperlo usa le vostre stesse parole chiave: uguaglianza, diritti, lavoro. Perché non sostenete lui?

Per ritrovarsi sulle candidature serve una discussione che non sia solo prendere o lasciare. Oltre che sulla proposta anche sulla soluzione migliore per interpretarla. Non ci siamo ancora arrivati. Sono impegnato, con altri, a promuovere un’unità che raccolga energie trasversalmente alle culture e alle storie fondative del Pd. E non solo dentro una parte di esse, o dentro le famiglie.

Unire la sinistra è difficile, anche nel Pd?

C’è tanta sinistra che non viene dalla tradizione degli ex ds, e invece in una parte di quella tradizione vedo poca sinistra e tanta subalternità al pensiero unico che ha dominato in questi anni. Dobbiamo entrare nel merito. Riprendere il lavoro come tema centrale e insistere sulle asimmetrie di poteri che segnano la dimensione della produzione. E la dignità della persona che lavora.

Anche i giovani turchi, sua ex componente, dicono: ripartiamo dalla fabbrica come luogo del conflitto. Il tema è lo stesso. Perché vi siete separati?

Forse c’è una valutazione diversa delle vicende degli scorsi mesi. E della possibilità di andare oltre nell’aggregazione di forze intorno a un pensiero critico. Ci sono forze importanti nelle componenti cattoliche del Pd che, se facciamo uno sforzo di ascolto maggiore, possono costituire a pari grado con noi una proposta più forte e ricca. Ripeto: si tratta di riconoscere la fertilità delle culture diverse, è il senso di fondo del Pd.
Volo molto più basso: non è che risentite del freddo fra Bersani e D’Alema in questa fase?

È una lettura riduttiva e fuorviante. C’è pigrizia intellettuale in chi la fa. Cuperlo non è D’Alema, noi non siamo Bersani. L’autonomia con la quale abbiamo fatto battaglie l’abbiamo già dimostrata.

È pigrizia intellettuale dire che lei sta con Franceschini?

È proprio la pigrizia di cui parlavo. Non c’è solo Franceschini, c’è Marini, Franco Monaco. Lo smarrimento antropologico denunciato dalla dottrina sociale della Chiesa si può affrontare, ci ricorda Pierre Carniti, solo a partire dal senso del lavoro per la dignità della persona.

E se non riuscite a mettere insieme le sinistre Pd lei si candiderà?

Il mio impegno è unire, e questo può succedere solo se mettiamo la politica al primo posto. Quanto a me, non mi sono candidato, sarebbe stata l’ennesima autocandidatura. Ed è un metodo che non accetto.

In molti sospettano Renzi di ostilità verso il governo Letta. Ma questo tema riguarda anche voi: come potrebbe un segretario che vuole ricollocare il Pd nel socialismo europeo poi continuare a sostenere le larghe intese?

Le larghe intese sono un governo emergenziale. Dobbiamo fare un congresso che dia al Pd un’identità programmatica forte per poi spenderla, in questa fase difficile, nella costruzione di compromessi con una forza alternativa. È un’identità debole quella che ha paura di questo banco di prova.
State tentando di costruire un correntone antiRenzi?

Io lavoro a costruire una proposta per un Pd adeguato ai problemi radicali che abbiamo di fronte oggi. Tutti dovremmo fare così, anche chi usa il vittimismo come marketing congressuale.

Perché Renzi dovrebbe essere un cattivo segretario e un buon premier?

Ma infatti io non sono d’accordo con chi lo dice. Il problema è di sensatezza istituzionale. Oggi dobbiamo eleggere il segretario che deve costruire una proposta per il Pd e per il paese. A volte invece si dà l’impressione che il Pd sia un comitato elettorale per arrivare a Palazzo Chigi.

Dice Renzi che state per varare regole contro di lui.

Facciamo così: Renzi scriva sul suo blog le regole che vorrebbe. E la data del congresso. Noi poi ubbidiamo. Poi però cominciamo a parlare di lavoro e di Europa.