Preso su di sé «il lavoro più difficile e meno visibile» (autodefinizione) del governo, ricevuto in realtà da Letta l’incarico di sorvegliare e sorreggere la composita maggioranza, alle nove del mattino in cui il nuovo esecutivo si apprestava a ricevere la fiducia del senato, il ministro per i rapporti con il parlamento Dario Franceschini ha provocato il primo terremoto nella coalizione Pd-Pdl (più Scelta civica). È successo quando ha candidamente ammesso che nei piani del governo non c’è cancellare definitivamente l’Imu sulla prima casa – i conti non lo permettono – bensì soltanto «una proroga per la rata di giugno». Proroga significa che a settembre, o a dicembre, agli italiani potrebbe essere chiesto di pagare l’intera somma. Per il Pdl è come una dichiarazione di guerra.

Mentre ruggiscono già le dichiarazioni dei più svelti rappresentanti del centrodestra, un altro neo ministro, Graziano Delrio, prova a rimediare: «L’Imu verrà sospesa per la rata di giugno con l’impegno ad alleggerirla soprattutto per i meno abbienti». Sospendere è già qualcosa di più di prorogare, ma comunque molto meno delle richieste berlusconiane: cancellazione dell’Imu sulla prima casa e restituzione di quella pagata nel 2012. Il cavaliere lo ha promesso in campagna elettorale in caso di vittoria. Non ha vinto, ma al governo ci è andato lo stesso dunque sull’Imu come su tutti gli altri 7 punti del suo programma il governo si adegui. A Gasparri il compito di semplificare il concetto: «O si leva l’Imu o si leva Letta». Non basta? Ci pensa Berlusconi, giusto prima di votare la fiducia: «Non sosterremo un governo che non abolisce e restituisce l’Imu».

Per farlo ci vorrebbero però 8 di quei miliardi che il governo è ben lontano dall’avere. Anzi, per l’Italia resta aperta la procedura di infrazione per deficit eccessivo (nel 2012) e Letta è appena ai primi passi nel tentativo di ricevere il via libera al nuovo «sfondamento». Secondo il portavoce del commissario europeo agli affari economici Olli Rehn, anzi, «gli obiettivi di bilancio non cambiano e il nuovo governo dovrà dire come intende rispettarli senza nuovo indebitamento». La cancellazione solo della prima rata di giugno costa alle casse pubbliche circa 2 miliardi. E il governo dovrà farla con decreto, trovando contemporaneamente il modo di assicurare la liquidità ai comuni che su quella tassa contano. Stefano Fassina, il responsabile economico del Pd rimasto fuori dal governo, prova a far ragionare i nuovi alleati. «Il governo Letta non è il governo del Pdl – ricorda – sull’Imu come su tutto il resto è necessario un compromesso». Anche perché «l’eliminazione dell’Imu sulla prima casa vale circa 4 miliardi di euro all’anno, quanto l’aumento di un punto percentuale di Iva», ma gli effetti delle due misure sono diversi visto che, ricorda ancora Fassina, «il 40% delle famiglie non paga l’Imu» e sono proprio i meno abbienti.

Più equo dunque sarebbe concentrarsi sull’Iva, il fatto è che per accontentare tutti Letta ha promesso di fare l’una cosa e l’altra. Trovando le risorse. Intanto Brunetta, anche lui mancato ministro e capogruppo dei deputati Pdl, conferma le minacce: «Non ci sarà nessun compromesso, in caso contrario ne andrà di mezzo il governo». Si distingue anche Alfano, neo vice presidente del Consiglio e ancora ultras del Pdl a colpi di twitter: «Sulla prima casa non si pagherà a giugno né più avanti. È un fatto oggettivo su cui non abbiamo alcun dubbio». Ma l’agitazione nel centrodestra cresce quando si viene a sapere che Cgil, Cisl e Uil hanno approvato un documento nel quale si chiede di abolire sì l’Imu sulla prima casa ma non per tutti, fissando cioè un tetto riferito al valore dell’immobile. Deve intervenire allora Letta, che rimanda alle parole del suo discorso – dove non si parla né di sospensione né di cancellazione ma si annuncia un riforma – e da Berlino aggiunge che l’Italia «manterrà gli impegni presi con l’Europa» e troverà le risorse per farlo senza doverle spiegare ai partner: «Quello è un fatto di casa nostra».

Ma non c’è solo l’Imu, con Berlusconi che torna a chiedere la presidenza della Convenzione per le riforme, dimostrando ancora come intenda tenere sotto ricatto la nuova maggioranza. «Siamo in grandissima difficoltà e se non c’è questa consapevolezza stiamo sbagliando tutti», spiega il presidente del Consiglio un attimo prima di vedersi riconosciuta la fiducia del senato. E aggiunge: «Non c’è alternativa allo stare insieme». Ma per Berlusconi e i suoi sondaggi non è così, ci sono le elezioni.