Inizia ad assumere contorni più definiti la tirata d’orecchie della Commissione europea al governo italiano sui conti pubblici. I probabili tagli al welfare, già oggetto di dibattito nei giorni scorsi, rischiano di colpire duramente il Sistema sanitario nazionale (Ssn). Le Regioni sono sul piede di guerra contro la ministra della Salute Giulia Grillo (5S) per l’aggiunta di una clausola al nuovo «Patto per la salute». Alla voce sui finanziamenti aggiuntivi previsti dall’ultima manovra, 2 miliardi per il 2020 e 1,5 per il 2021, sarebbero state inserite due righe che li confermano «salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e variazioni del quadro macroeconomico». Un potenziale cavallo di Troia per cancellare gli impegni assunti dall’esecutivo a dicembre scorso.

«GIÀ LE REGIONI hanno difficoltà con i riparti del fondo sanità a loro assegnato, figuriamoci con ulteriori tagli», ha affermato ieri il presidente del Molise Donato Toma a margine della conferenza delle regioni. Gli ospedali molisani sono allo stremo, manca personale e per scongiurare possibili chiusure è stato richiesto l’invio di medici militari. Durissimo l’affondo dell’assessore alla sanità dell’Emilia-Romagna Sergio Venturi: «Ci sono ritorsioni che possiamo mettere in campo. Solo due giorni fa Salvini ha criticato la nostra sanità regionale durante un comizio di partito. Oggi il governo prospetta tagli al fondo sanitario nazionale per coprire i propri buchi». L’omologo del Lazio, Alessio D’Amato, ha ribadito la necessità di modificare l’articolo incriminato per «garantire un quadro di certezze che le Regioni hanno richiesto in un documento unitario».

 

DAL GOVERNO, intanto, piovono smentite. La ministra Grillo ha risposto su twitter al segretario Pd Nicola Zingaretti: «Tagli alla sanità? Dovranno passare sul mio corpo. I tagli del Pd hanno messo a rischio la tenuta del Ssn, noi non lo faremo». Matteo Salvini, invece, ha dichiarato: «Non mi risultano tagli alla sanità, sono assolutamente contrario». Le rassicurazioni, però, non convincono nessuno. Alle regioni si sono affiancati i sindacati. «Ancora una volta si usa il Ssn come un bancomat invece che come un formidabile investimento per garantire diritti, sviluppo e buona occupazione – scrivono in una nota congiunta Cgil, Cisl e Uil – Abbiamo già avviato una mobilitazione per cambiare le politiche economiche e sociali del governo e rilanciare il Ssn». Scenderanno in piazza domani per i servizi pubblici e il 22 contro le discriminazioni che continua a subire il Mezzogiorno.