Dopo la bufera sulla legge di Stabilità e la tregua siglata con le Regioni – che per il momento hanno sospeso il giudizio sulla manovra – ieri il consiglio dei ministri ha approvato il decreto legge salva-bilanci, o «salva-Regioni», come alcuni lo hanno ribattezzato. Messo a punto dal ministero dell’Economia non concede fondi aggiuntivi ai governatori ma consente loro di spalmare in 30 anni l’ammortamento dei debiti contratti dalle amministrazioni.

Il provvedimento – ha spiegato il sottosegretario alla presidenza del consiglio Claudio De Vincenti – «consente di chiarire la contabilità delle Regioni, un tema sollevato dalla Corte dei Conti, in particolare per la contabilizzazione dei debiti passati». Il problema era sorto soprattutto per un caso legato alla Regione Piemonte dove oltre la metà del disavanzo (quasi 6 miliardi) deriva dalla sentenza del luglio scorso con cui la Corte Costituzionale ha imposto di contabilizzare nel bilancio regionale i finanziamenti per il pagamento dei creditori e poi destinati ad altri scopi. Un precedente che, se applicato a tutte le Regioni che hanno fatto ricorso ai fondi del Salva Crediti, avrebbe portato a un buco complessivo sui 20 miliardi a livello nazionale.

Il problema nasce dal fatto che le risorse “incriminate” e oggi fuori dal bilancio possono essere restituite in 30 anni; dentro al bilancio invece dovrebbero rientrare in sette anni. La norma varata ieri dovrebbe sanare la situazione. E se ci fosse il rischio di mancata approvazione del decreto nei tempi previsti, il capogruppo Pd in commissione Bilancio del Senato, Giorgio Santini, ha già fatto sapere che il dl approvato potrà confluire come emendamento nella legge di Stabilità.

Soddisfazione è stata espressa dal presidente della Conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino: «Il governo ha mantenuto l’impegno di chiarire la norma che la stessa Corte Costituzionale ha giudicato ambigua e che aveva dato origine a una contabilizzazione non corretta di debiti passati. Questo consente di ridare certezze ai bilanci di tutte le Regioni e di conseguenza al bilancio dello Stato». Chiamparino invita a non definire la misura «Salva Piemonte» o «Salva Regioni: «L’obiettivo – spiega – è solo quello di determinare condizioni di certezza nella contabilizzazione delle risorse tra l’attività legislativa nazionale e l’applicazione amministrativa della stessa da parte delle Regioni».

Un’armonia riconquistata tra Chiamparino e il governo, che invece viene criticata aspramente da Roberto Maroni, governatore della Lombardia: l’esponente della Lega chiede che il posto lasciato vacante dal suo collega piemontese (che si è dimesso da coordinatore delle Regioni) ora passi a un amministratore di centrodestra: «Uno dei tre governatori dell’opposizione, io, Zaia o Toti, si deve candidare per fare il coordinatore della Conferenza», ha spiegato. E poi la frecciata contro l’esecutivo: «Mi spiace che Chiamparino abbia detto che “è tutto risolto” con il governo.
Invece, la Conferenza delle Regioni ha fatto una dichiarazione all’unanimità per dire di aver presentato un emendamento» alla manovra.

Intanto ieri la minoranza Pd ha continuato a chiedere la modifica della legge di Stabilità, in special modo nei punti che risultano più iniqui: come ad esempio il taglio alla sanità. «Bisogna avere il coraggio di confrontarsi con quello che è scritto nella legge di Stabilità evitando di accusare ingiustamente di populismo a buon mercato Sergio Chiamparino e le Regioni dice il senatore Pd Federico Fornaro – Infatti, per il 2016 (articolo 32 della stabilità) è chiaramente indicata una riduzione, a legislazione vigente, del finanziamento del Ssn a cui concorre lo stato pari a 1.783 milioni di euro, mentre non sono evidenziati tagli per gli anni successivi». «A guardar bene, però, in un altro articolo della legge di stabilità (il 34) è chiaramente stabilito il contributo richiesto alle Regioni alla finanza pubblica per il 2017 (3.980 milioni di euro) e per il 2018 (5.480 milioni di euro). Nella legge di Stabilità è specificato che potranno essere “prese in considerazione” dalle Regioni “anche le risorse destinate al finanziamento del Ssn”».

Per Fornaro, «dal momento che la sanità rappresenta circa l’80% dei bilanci delle regioni, esiste il concreto rischio che sulla sanità pubblica si abbatta la scure di un taglio di oltre 3 miliardi di euro nel 2017 e di oltre 4 miliardi nel 2018». Da qui la richiesta di correzioni.