«È tutta la settimana che ricevo telefonate di agricoltori che hanno il prodotto pronto per i mercati e invece sono costretti a buttarlo via», si sfoga così al telefono Marco Boschetti, direttore del Consorzio agrituristico mantovano che associa 450 aziende agricole familiari, tra piccole e medie, la metà delle quali partecipano ai 30 mercati contadini organizzati in vari paesi del mantovano, ma anche a Milano. «Da quando la regione Lombardia il 21 marzo scorso», ricorda Boschetti, «ha disposto la sospensione sino al 15 aprile, come del resto è avvenuto in tutta Italia, di tutti i mercati all’aperto, compresi quelli contadini, perdiamo 10mila euro a settimana».

«LE AZIENDE AGRICOLE SONO allo stremo; non può andare avanti così. Con l’arrivo della primavera il rischio di buttar via ciò che matura è certo. Dure e pesanti saranno le conseguenze economiche per le aziende agricole che portano i prodotti ai mercati contadini, avendo impostato coltivazioni e allevamenti per la vendita diretta. Ci devono permettere», prosegue il direttore del Consorzio, «di aprire nuovamente con tutte le dovute cautele del caso. Anche noi forniamo un servizio primario per la popolazione». Il problema è analogo per i circa mille mercati gestiti dagli agricoltori che operano da nord a sud dell’Italia e dove hanno fatto la spesa almeno una volta, stando a un’indagine del 2017, otto milioni di cittadini.

A SOLLECITARE CON FORZA la loro riapertura vi sono anche l’Associazione rurale italiana e FederBio. Quest’ultima attraverso una nota del presidente, Maria Grazia Mammuccini, chiede «perché i mercati all’aria aperta, probabilmente meno esposti dei supermercati alla diffusione del virus, non possano avere in pochi giorni norme di sicurezza compatibili con la situazione. Tutto ciò per evitare che una buona parte dei 60mila agricoltori biologici, come anche il resto delle aziende agricole, sia costretta a chiudere».

«LA VIA DEL CONFERIMENTO ai mercati generali è quanto mai impervia per le aziende agricole, perché significa», ci tiene a precisare Marco Boschetti, «assoggettarsi a contratti capestro. Si manifesta così il paradosso di cibo lasciato nei campi e di scaffali sempre più vuoti nei supermercati. Trattandosi, per lo più, di piccole aziende a conduzione familiare non possono sopravvivere a lungo senza liquidità e con ammortizzatori sociali insignificanti, come i 600 euro disponibili dopo mesi».

GLI ACQUISTI NEGLI SPACCI aziendali e le consegne a domicilio non riescono a sostituire le attività dei mercati contadini e spesso sono rese difficili dalle nuove norme sul controllo della mobilità. La sede del Consorzio agrituristico mantovano è diventata quindi il luogo di raccolta dei prodotti agricoli delle varie aziende aderenti al mercato contadino, mentre la successiva consegna a domicilio viene attuata, in parte, con la collaborazione della Croce Rossa di Mantova. Tutto ciò però non basta. È urgente riaprire i mercati contadini per garantire la pluralità delle forme distributive e per contribuire a ridurre gli assembramenti nei supermercati e i possibili contagi».

PER MARCO BOSCHETTI È Possibile e fattibile riorganizzare i mercati contadini secondo le nuove direttive del governo sulla lotta al contagio. «Lo abbiamo dimostrato in decine di mercati che sono rimasti aperti sino a prima della sospensione generale. Ora ci viene in aiuto», fa presente il direttore del Consorzio, «la Giunta Appendino a Torino che ha autorizzato, con un provvedimento in materia di commercio su aree pubbliche del 25 marzo 2020, la riapertura dei mercati a patto che lo spazio sia circoscrivibile, che siano garantiti due varchi, uno per l’entrata e uno per l’uscita e che il controllo degli accessi, che non possono essere superiori al doppio degli operatori, deve essere a carico degli operatori. A tutto ciò», aggiunge «possiamo, come già avviene nei supermercati, acquistare un thermoscan per misurare la temperatura dei clienti all’entrata. Dobbiamo far sopravvivere le aziende agricole e questo è un modo».

LA SITUAZIONE GRAVE in cui versa il mondo agricolo al tempo del coronavirus è dato anche dalla mancanza di lavoratori stagionali stranieri nei campi per la raccolta di ortaggi e frutta. In alcune zone d’Italia a seguito dell’epidemia in corso si è verificato un massiccio rientro di lavoratori agricoli immigrati da Romania e Bulgaria mentre gli arrivi previsti dalla Polonia si sono azzerati. Si registrano disdette degli impegni di lavoro da parte di decine di migliaia di lavoratori stranieri – precisa Coldiretti – che in Italia trovano regolarmente occupazione stagionale in agricoltura fornendo il 27% del totale delle giornate di lavoro necessarie al settore. Una nota positiva su questo fronte arriva da una circolare del Ministero degli Interni che ha prorogato i permessi di soggiorno fino al 15 giugno per lavoro stagionale in scadenza al fine di evitare agli stranieri di dover rientrare nel proprio Paese proprio con l’inizio della stagione di raccolta nelle campagne.

LA COLDIRETTI, SEMPRE per far fronte alla mancanza di lavoratori stagionali, chiede una radicale semplificazione del voucher «agricolo» che possa consentire ai cassaintegrati, studenti e pensionati italiani di svolgere dei lavori nelle campagne. Critica è anche la situazione dei dispositivi di protezione a disposizione degli agricoltori. Secondo Cia-Agricoltori «serve una mascherina al giorno per 1.300.000 agricoltori italiani. Questo è il fabbisogno dei lavoratori autonomi e dei loro dipendenti che non possono fare smart working, ma vogliono continuare a produrre e assicurare, ora più che mai, cibo sano e fresco a tutte le famiglie italiane».

PER QUESTO L’ASSOCIAZIONE di categoria chiede al Governo e alla Protezione Civile «chiarezza sui canali di approvvigionamento dei dispositivi di protezione per le imprese agricole e la certezza che le modalità di distribuzione non siano rallentate da pratiche burocratiche farraginose. Senza mascherine, guanti, tute, occhiali, cuffie non sarà possibile garantire la fornitura di materie prime indispensabili per il Paese e si rischia di bloccare tutta la filiera, lasciando vuoti gli scaffali dei supermercati».