Anche questa volta la misura non ha retto. Oltre ad un entusiasmo delle autorità presenti al sorteggio degno di una gita scolastica, sono iniziati gli aggettivi di rito, vittoria storica, la grande macchina italiana invincibile… E tutta la vicenda delle Olimpiadi invernali si è subito colorata di una retorica falsa, tanto per evitare ogni ragionamento di merito.

Stavolta si sostiene che saranno le prime Olimpiadi sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e del riuso di tutte le attrezzature che verranno realizzate. Sembra di riascoltare i roboanti annunci che contribuirono a far passare l’Expo 2015, la precedente vittoria “epocale” di Milano, quando ci dissero che l’esposizione avrebbe contribuito a sconfiggere la fame nel mondo. Fandonie.

Intanto la città ha dovuto prendere atto del grande buco nero – economico e urbano – creato dalla manifestazione. L’area è infatti abbandonata da anni e nessuno ha un’idea chiara di come potrà essere trasformata nell’interesse di tutta la città, a parte quello del fondo Lendlease per la parte privata.

E qui iniziamo ad avvicinarci al cuore della scelta di assegnare le Olimpiadi a Milano e Cortina. Se infatti Expo non ha contribuito al miglioramento della città intesa nel suo complesso, e cioè comprensiva delle periferie degradate, è stata certamente utilissima ad alcuni grandi gruppi finanziari e immobiliari che da sempre controllano lo sviluppo della metropoli lombarda.

L’EVENTO HA CREATO un indubbio ritorno di immagine di cui si è giovata l’economia dominante. Nel marzo scorso, il Sole 24 Ore titolava sull’inizio del «rinascimento» (sic) di Milano, mentre per Assoimpredile e Ance si era resa disponibile una liquidità record, circa 10 miliardi in dieci anni, e con una cifra così gigantesca si sarebbe sicuramente potuto cambiare il volto della città.

Tutti i grandi quartieri che si erano arenati a causa della bolla immobiliare esplosa nel 2008 si sono rimessi in moto grazie all’aiuto prezioso dei grandi fondi di investimento internazionali. A Santa Giulia entra in campo il fondo di investimento australiano Lendleaseal posto di Luigi Zunino la cui società era stata rilevata da un pool di banche. A Porta Vittoria, altro buco nero lasciato da Danilo Coppola, è subentrato il fondo statunitense Nike di Prelios sgr, che ha acquistato i crediti da Bpm. A Segrate un altro grande fondo immobiliare internazionale realizzerà uno dei più grandi centri commerciali d’Europa: una trasformazione di cui la città sentiva un gran bisogno.

Poi c’è la grande trasformazione delle aree ferroviarie su cui si vorrebbe far arrivare una alluvione di cemento, fin qui contrastata dall’intelligenza collettiva dei comitati. L’elenco potrebbe continuare con altri esempi, ma ci possiamo fermare.

A PARTIRE DAL 2019 a Milano verrà investito un miliardo all’anno. Forse la Svezia ha perso la sfida perché non è al centro delle attenzioni e delle aspettative dei grandi gruppi finanziari internazionali e immobiliari che dominano invece Milano.

A questo fiume di denaro che metterà la città a ferro e fuoco, si aggiunge una quota di investimenti pubblici olimpici che al confronto sono molto modesti, ma che torneranno utilissimi per chiudere alcuni progetti. È stato ad esempio già anticipato che a Santa Giulia nasceranno le case per gli atleti che diventeranno poi immancabili alloggi per studenti. Nuovi alloggi in una città che ha una enorme quantità di immobili abbandonati: si parte dunque male.

È del tutto evidente che chi ha un’altra idea del futuro di Milano rischia di soccombere di fronte allo strapotere di quei potentati economici. Ma la partita è invece aperta. È lo stato delle periferie milanesi a formare la cartina di tornasole per dare un giudizio consapevole. Ciò che possiamo affermare con sicurezza è che seguiremo con grande attenzione ogni atto in cui i poteri pubblici – un nuovo immancabile commissario, a quanto si afferma – prenderanno le decisioni.

Nulla di preconcetto, dunque. Chi scrive si era dichiarato a favore della candidatura di Roma alla sfida olimpica proprio sulla base di un ragionamento che minava alla radice la retorica nascosta dietro il progetto urbano che era stato approvato dalle precedenti giunte comunali. Tram invece di nuove case; risanamento delle periferie invece della continuazione delle politiche liberiste che hanno devastato le città in questi decenni. I 5 Stelle, romani e nazionali, mostrarono allora tutta la loro inconsistenza e non compresero i termini del confronto. A Milano la sfida di sognare città che cancellano le periferie può diventare invece un buon terreno di scontro.