Nel presentare l’edizione numero 70 di Locarno Festival, il presidente Marco Solari l’ha presa alla lontana. Dai primi nati tra i festival cinematografici, Venezia vetrina nera dal ’32, Mosca vetrina rossa nel ’35 per arrivare a Locarno nato nel secondo dopoguerra, coetaneo di Cannes, quindi quarto festival al mondo per nascita, vanta libertà assoluta per le scelte artistiche, merito anche di Filippo Sacchi, giornalista al Corriere della Sera, antifascista, mobbizzato (relegato a fare il critico cinematografico!) e poi rifugiato a Locarno nel ’43, tra i fondatori della manifestazione ticinese. Uno stretto rapporto quindi con l’Italia e la sua cultura, non solo per questioni linguistiche.

E infatti il direttore Carlo Chatrian ha proseguito sul solco dell’affinità italo-ticinese presentando i film made in Italy selezionati quest’anno. A partire dal prefestival, con proiezione gratuita in piazza Grande il 31 luglio con il lavoro di Marco Tullio Giordana I due soldati, realizzato per la tv, che racconta i drammi vissuti dai giovani nelle zone di camorra, presentato per l’occasione sul colossale schermo della piazza e preceduto dall’inedito corto, sempre di Giordana Scarlatti K.259 con il chitarrista Antonio Mascolo.

Poi è festival. Sempre in piazza Amori che non sanno stare al mondo, il nuovo film di Francesca Comencini, che lo ha tratto dal suo romanzo omonimo, con Lucia Mascino protagonista di una tormentata storia d’amore e passione. In concorso arriva un esordiente, Germano Maccioni che firma Asteroidi, con Pippo Del Bono e Chiara Caselli accanto a un nutrito gruppo di esordienti, per tradurre una storia di giovanissimi, non ancora ventenni, della provincia emiliana smarrita e deindustrializzata. Fuori concorso sono invece i documentari Anatomia del miracolo di Alessandra Celesia, che racconta Giusy, costretta sia su una sedia a rotelle che vedere di fronte a sé il santuario della Madonna che dispensa miracoli, miracoli che a lei evidentemente non spettano e Ibi di Andrea Segre su una singolare e volitiva donna fotografa e madre del Benin.

E ancora Easy di Andrea Magnani e Il monte delle formiche di Riccardo Palladino (cineasti del presente). Fine di un amore di Alberto Tamburelli (Pardi di domani), Surbiles di Giovanni Columbu (Signs of Life), il corto Granma di Alfie Nze e Daniele Gaglianone e Per una rosa di Marco Bellocchio (entrambi fuori concorso). Poi volendosi allargare c’è sempre Sicilia! (in piazza Grande) di Daniele Huillet e Jean Marie Straub che verrà insignito di un Pardo d’onore. Ci saranno poi tre nuove sale nel Palazzo del cinema e restaurato il Gran Rex, poi scuole di cinema, incontri e molto altro ancora. Ma per il programma completo meglio consultare la rete: pardo.ch/it/pardo/festival-del-film-locarno/home.html.