Nel 2004, gli espositori della prima edizione di Fa’ la cosa giusta!, la fiera del consumo critico di Milano, occuparono 4 mila metri quadrati nell’area del Superstudio Più di via Tortona. I due padiglioni della Fiera Milano City ospiteranno nel 2018, da domani a domenica, circa 700 espositori su 32 mila metri quadrati. E per la prima volta l’ingresso sarà gratuito: «Festeggiamo i 15 anni provando ad intercettare anche un pubblico forse meno abituato ai nostri temi, ma è un rischio che corriamo volentieri – spiega Miriam Giovanzana, che guida l’organizzazione dell’evento, promosso da Terre di Mezzo – non cerchiamo l’uguale, ma il diverso. Non ci spaventano i dialoghi difficili. Da sempre abbiamo cercato di aprirci a un pubblico nuovo, provando a contaminare non solo generazioni nuove ma anche settori non contigui». L’occasione dell’ingresso gratuito l’ha offerta FieraMilano, che ha obbligato Fa’ la cosa giusta a una modifica della data in corso, garantendo «un grosso sconto sull’affitto dei padiglioni – puntualizza Giovanzana – che noi abbiamo voluto trasformare in un’occasione per i visitatori».

Quali le altre novità importanti di questa 15° edizione della fiera?

Quella maggiore è senz’altro «Sfide», un vero e proprio salone dedicato alla scuola. La parola stessa è un acronimo: sta per Scuola, Formazione, Inclusione, Didattica, Educazione. Nasce dall’incontro con un gruppo di dirigenti scolastici con una visione davvero interessante. Muove da un’idea di fondo: che la scuola non appartenga a chi insegna, e nemmeno agli studenti o alle loro famiglie, ma alla società. Una buona scuola è possibile, perciò, non se è per tutti, ma quando è di tutti. Perciò questa riflessione non riguarda solo chi ha figli in età scolare. Vogliamo intrecciare un dialogo tra addetti ai lavori e società: c’è un programma culturale con 80 laboratori, che spaziano dall’edilizia scolastica al bullismo. Molti sono già sold out: si sono iscritte 1.500 persone, tra dirigenti scolastici, docenti, studenti e famiglie. A mio avviso «Sfide» rappresenta un perfetto punto di sintesi per una fiera dedicata alla produzione ed al consumo che ha sempre cercato di mettere al centro i temi formativi. Ci saranno anche espositori dedicati, e voglio citare Clementoni: è un soggetto che abbiamo sempre ritenuto interessante, anche per la scelta di mantenere la produzione in Italia.

Nel 2018 per la prima volta trovano spazio anche gli storage domestici, le batterie da accumulo per l’energia elettrica prodotta a casa. Come sono cambiati i bisogni dei consumatori critici?

Credo sia interessante segnalare che è stata Tesla a cercare noi, e non il contrario. Era già successo con e-bay, sul tema del mercato secondario e del riciclo. Guardando alla questione dell’energia elettrica, strettamente collegata alla mobilità, credo rappresenti oggi una sfida complessa. In un mondo onnivoro di energia, abbiamo sempre preferito indirizzare la riflessione sul consumare meno. Sicuramente gli accumuli consentono un’autonomia nella produzione e nel consumo, e possono rappresentare una strada nuova da percorrere. Non mi rassicura però la narrazione intorno alla mobilità elettrica, che spesso non dà conto delle problematiche connesse. Quanto ai cambiamenti nei bisogni, credo possa aiutarci la lettura di due fenomeni, settori presenti in fiera fin dalla prima edizione, il cibo e il turismo responsabile. Il biologico è diventato una grande narrazione del presente: il tema ha incrociato quello della filiera corta, ma i prodotti certificati sono entrati anche nella grande distribuzione, fino a fondare le proprie catene distributive, come Natura Sì. Il turismo responsabile, invece, è rimasto un ambito di nicchia. Questa divaricazione è interessante: che cosa l’ha determinata? Il cibo è considerato un bisogno primario, ed è diventato centrale nella nostra società ricca, mentre per quanto riguarda i consumi di carattere culturale non siamo ancora riusciti a modificare la narrazione predominante. C’è anche un altro settore che potrebbe avere ambizioni più ampie, ed è la moda sostenibile. In questo caso, i produttori sono rimasti tutti artigiani.

Dopo quindici anni, quale fronte resta aperto per gli attori dell’economia solidale?

Il tema della distribuzione. È stato molto più facile permeare di alcuni criteri di sostenibilità i processi produttivi, ma non abbiamo avuto la forza di immaginare una distribuzione diversa. E il potere della grande distribuzione è rimasto immutato. A Fa’ la cosa giusta! quest’anno ci saranno alcuni dibattiti sulle piattaforma distributive e le condizioni di lavoro. È interessante, a mio avviso, portarli in fiera. Parlando di logistica credo che il problema non sia tanto il lavoro, quanto la posizione dominante di alcuni attori della distribuzione: sono le dimensioni gigantesche che pongono problemi. Quelle fanno sì che tu, lavoratore, non abbia alternative possibili. Non è accettabile che il nostro mondo riesca ancora a creare forme di occupazione che rasentano condizioni quasi di schiavitù.

Miriam Giovanzana conclude citando il sociologo dell’Università di Bologna Pierpaolo Donati, che ha scritto: «Forse non è più umano un modo di agire che non si prende in carico ciò che viene prima e ciò che viene dopo». Restiamo, o meglio torniamo, umani.