Il 9 novembre 1943, a Gorizia, denunciate dai vicini di casa – quelle donne sono ebree -, la madre e la sorella di Carlo Michelstaedter, Emma Luzzatto, novantenne, ed Elda, sessantaquattrenne, furono arrestate e deportate ad Auschwitz. La madre morì durante il tragitto. La sorella fu uccisa il 26 dicembre 1944 e incenerita nel crematorio. È una storia piuttosto comune di quegli anni, ben documentata in Delatori, di Mimmo Franzinelli, Milano, Mondadori, 2001. Per fortuna, a salvare il buon nome degli italiani, esisteva anche un altro tipo di italiano. Per esempio, Gino Bartali, il due volte campione del giro d’Italia e una del giro di Francia. Dopo l’8 settembre 1943, in Italia scatta la caccia all’ebreo, per opera dei fascisti italiani e dei nazisti tedeschi. Già dopo la promulgazione nel 1938 delle leggi razziali per gli ebrei la vita in Italia non fu facile. Fu subito una corsa degli italiani non ebrei ad accaparrarsi le cattedre universitarie e le attività commerciali tolte agli ebrei. Ma adesso c’era la deportazione nei campi di sterminio. Il vescovo di Firenze, Elia Dalla Costa, e il rabbino, Nathan Cassuto, chiesero a Bartali di essere aiutati a fornire ad alcuni ebrei documenti falsi per l’espatrio.

Marcello Panni

BARTALI NON SI SOTTRASSE, percorse in bicicletta il tragitto Firenze Assisi e ritorno più volte, nascondendo i documenti sotto la sella della bicicletta. Fu anche arrestato, ma riuscì a scamparla. In questo modo salvò 800 ebrei dallo sterminio. L’Italia gli concesse nel 2005 una medaglia d’oro postuma al valore civile e nel 2013 lo Stato di Israele lo riconobbe “Giusto tra le nazioni” e il suo nome è iscritto nel Mausoleo della Memoria di Gerusalemme. Simone Dini Gandini ha scritto un racconto dei fatti, La bicicletta di Bartali, pubblicato nel 2015 dalle edizioni Notes. Intorno a questo racconto Marcello Panni ha costruito il suo melologo, che si è ascoltato, diretto da lui stesso a capo dell’Ensemble Roma Sinfonietta, lo scorso 11 maggio, all’Auditorio Ennio Morricone della Facoltà di Lettere dell’Università di Tor Vergata di Roma. Voce recitante Anna Nogara. Soprano Patrizia Polia. Produzione della Fondazione Festival Pucciniano. La voce dell’attrice narra al pubblico gli avvenimenti, il soprano interviene nel momento di maggiore tensione della vicenda, dopo l’arresto, e la musica che subito, all’attacco, sembra mimare il ruotare della bicicletta, percorre quasi con tenerezza canti, canzoni, musiche del tempo, ma come intraviste, o meglio intraudite dalla nebbia del tempo – la partitura è quasi una sintesi di quanti modi, in questi 70 anni, dalla guerra a oggi, abbia conosciuto la scrittura musicale, dal serialismo integrale alla rielaborazione estraniata della tonalità. È questo estraniamento che colpisce l’ascoltatore, e lo si coglie anche nella voce narrante, oggi che venti di guerra, persecuzioni, emarginazioni, sembrano riprodursi come se il male già patito non fosse abbastanza. Commozione, applausi, successo caloroso per tutti. Com’era giusto.