Promesse da marinaio quelle degli armatori sulla sostenibilità delle navi da crociera che navigano nei mari europei. Lo sostiene una recente ricerca pubblicata da Nabu, storica associazione di ambientalisti tedeschi, che ha analizzato le caratteristiche ambientali di 18 compagnie di navigazione, la maggior parte ben «lontane dal soddisfare i parametri richiesti dall’accordo di Parigi sul clima» e gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu (SGDs). Nessun piano concreto per abbandonare i carburanti più inquinanti, né per spegnere i motori in porto e allacciarsi ai sistemi di alimentazione elettrici alle banchine, pochi filtri per abbattere le polveri sottili.
Anche se le navi passeggeri rappresentano solo il 3% del traffico marittimo internazionale, sono le quelle che in assoluto emettono la maggior quantità di CO2 per singola nave, più delle porta container o delle petroliere, pari solo alle navi che trasportano il gas naturale liquido (Review of Maritime Transport, UN, 2020). Inoltre, nei mari chiusi europei, come il Baltico e il Mediterraneo, il loro impatto ambientale è decisamente pesante, soprattutto nei porti dove le navi da crociera all’ormeggio non spengono mai i motori per mantenere in attività i servizi a bordo. I consumi della navi più grandi che ospitano fino a 5-6mila passeggeri e 2mila membri di equipaggio, rasentano quelli di una città di 8-10mila abitanti e capita che in porti come Venezia, Genova o Civitavecchia ne siano ormeggiate anche 5/6 contemporaneamente, oltre a traghetti e navi da trasporto.

LE CITTÀ CHE SOFFRONO MAGGIORMENTE del traffico crocieristico per qualità dell’aria e rumori in Europa sono Barcellona e Palma de Mallorca, seguite da Venezia, Southampton e Civitavecchia, pesantemente inquinate soprattutto da ossidi di zolfo (SOx) e ossidi di azoto (NOx) rilasciati dai motori delle navi alimentati per lo più da oli combustibili pesanti (Transport&Environment, T&E 2019). Grazie a un accordo in sede Imo (International Maritime Organization), dal primo gennaio del 2020, il tenore degli SOx nei carburanti è stato abbassato dal 3,5% allo 0,5%, ma gli effetti sulla qualità dell’aria non sono ancora noti, se non altro perché le navi da crociera sono pressoché in disarmo da marzo a causa della crisi Covid. Per quanto riguarda i NOx, è stato calcolato da T&E che le emissioni dai fumaioli delle navi da crociera in Europa sono pari al 15% dei NOx emessi dall’intero parco auto europeo. Nelle zone costiere di paesi come Norvegia, Danimarca, Croazia o Malta l’inquinamento prodotto dalle navi è superiore a quello del traffico automobilistico locale.

SECONDO LA RICERCA DI NABU, la più virtuosa delle flotte risulta essere quella della francese Ponant, che ha navi da crociera da 130 cabine, molto contenute rispetto ai giganti del mare che ne offrono fino a 2-3mila. Le Ponant sono le uniche navi a montare catalizzatori per gli ossidi di azoto (Nox) e tra le poche attrezzate per poter essere alimentate alle banchine dei porti. In seconda posizione si piazza la flotta di Aida (gruppo Costa Crociere/Carnival) dedicata al mercato tedesco, 14 navi medio-grandi tra cui la prima nave da crociera alimentata a Gnl (gas naturale liquido), la Aidanova (6600 passeggeri). Segue la flotta da crociera di MSC, che sta investendo in catalizzatori e in impianti per gli allacci alle banchine. Agli ultimi posti della classifica di Nabu si trovano Costa Cruises, Phoenix Reisen, Norwegian Cruise Line e Viking Ocean Cruises che risultano del tutto sguarnite non solo di tecnologie ma anche di piani verso le emissioni zero.

LA SOSTA FORZATA PER LA CRISI COVID dovrebbe essere il momento ideale per accelerare sugli investimenti di ammodernamento delle flotte e adottare le tecnologie più pulite, sostiene Nabu nella sua ricerca: «Un momento in cui anche la politica dovrebbe intervenire perché elevati standard di protezione ambientale e climatica siano i prerequisiti di ogni aiuto di stato a favore delle compagnie penalizzate dallo stop imposto dalla pandemia. Inoltre, è ora che l’Unione Europea includa anche le navi nel sistema di quote di emissioni (Ets) e abolisca le agevolazioni fiscali sui carburanti, così che anche gli armatori paghino per l’inquinamento che causano».

SUL FRONTE DEI PORTI, numerose indagini epidemiologiche evidenziano tassi di mortalità superiori nei quartieri più vicini alle banchine del traffico passeggeri a Genova come a Civitavecchia, mentre le analisi della qualità dell’aria rivelano, per fare un esempio, che le emissioni degli ossidi di azoto nel porto di Genova, dovute principalmente allo stazionamento delle grandi navi, sono maggiori di quelle provocate dal traffico automobilistico. Non a caso, a Savona è nata un’associazione di cittadini che si è data il nome di Comitato per il porto elettrico, perché il risanamento dell’aria delle città di porto passa anche per l’elettrificazione delle banchine, in gergo tecnico cold ironing. Nella bozza del Recovery Fund c’è una voce che riguarda questo tipo di interventi per fornire di elettricità prodotta con rinnovabili non solo le navi, ma anche i servizi portuali. Naturalmente sono anche le navi a doversi attrezzare per poter alimentare con elettricità fornita a terra i servizi di bordo. Succede nel porto di Livorno che la calata Sgarallino, elettrificata nel 2015, non è quasi mai stata usata in quanto non ci sono navi a richiedere questo servizio, non fosse altro perché l’elettricità prodotta dai motori diesel (che non è tassato per le navi) agli armatori costa meno di quella alla banchina.

EPPURE LA TECNOLOGIA PER BYPASSARE questi errori di programmazione esiste: un traghetto zero-emissioni in porto è stato presentato nelle scorse settimane a Livorno. Si tratta della Eco Valencia, prima di una flotta ibrida di 11 unità della Grimaldi, costruite nel cantiere cinese Jinling di Nanjing, con 600 mq di pannelli solari e una dotazione di maxi batterie al litio che consentono di spegnere i motori ausiliari in porto, senza nemmeno bisogno del cold ironing.