Se la formulazione della riforma Poletti uscita dalla Commissione Lavoro della Camera viene pesantemente attaccata da destra, dall’altro lato la difende il presidente della stessa commissione, Cesare Damiano (Pd). «I miglioramenti che abbiamo apportato – dice – riducono il rischio di precarietà». Damiano inoltre non teme il fatto che il governo possa porre la fiducia: «Ma basta che sia sul testo che noi abbiamo licenziato».

La minoranza Pd ha detto per settimane che uno dei problemi principali di quella legge sono i 36 mesi senza causale. Un totem per il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, che infatti non è stato modificato. Non è una sconfitta per voi e la conferma che la riforma resta sbagliata nella sostanza?

I miglioramenti fatti compensano largamente la conferma dei 36 mesi senza causalità. La riduzione delle proroghe da 8 a 5 va aggiunta al fatto che sono 5 proroghe in tutto nell’arco dei 36 mesi, anche qualora venga rinnovato il contratto. Faccio un esempio: assumo Antonio come elettricista e gli faccio 3 proroghe, lo lascio a casa e poi lo riassumo con un rinnovo. Quindi aveva già consumato 3 proroghe e ora gliene restano 2. Al terzo contratto di rinnovo non avrà più proroghe e ha solo rinnovi: quindi, una volta terminati i 36 mesi, ha solo il tempo indeterminato.

Avete anche modificato i termini del diritto di precedenza. Che cosa cambia?

Il diritto di precedenza esiste già, lo aveva introdotto il governo Prodi, con me ministro, nel 2007. Se l’azienda deve effettuare assunzioni a tempo indeterminato, si dovrà dare precedenza a chi ha avuto già rapporti a termine: ora abbiamo aggiunto che questo diritto dovrà essere notificato al lavoratore all’atto dell’assunzione. Inoltre per le lavoratrici incinte durante il contratto a termine, i periodi di maternità valgono per il diritto di precedenza.

E tutto questo compenserebbe il fatto che non c’è più la causale per 36 mesi?

Abbiamo attenuato il rischio di precarizzazione, e si mantiene la cadenza dei 36 mesi, introdotta sempre dal governo Prodi, superata la quale scatta il tempo indeterminato. Abbiamo voluto inserire un monitoraggio ogni 12 mesi, per verificare se avverrà quello che prevede il ministro Poletti: se è vero che aumenteranno le assunzioni a tempo indeterminato e che questo nuovo contratto sostituirà il ricorso alle forme di lavoro atipico, benissimo, tanto di cappello. Va sempre ricordato che oggi il contratto a termine costa l’1,4% in più.

Uno «spread» che però pare non basti, se comunque le imprese non scelgono il tempo indeterminato. Forse potrà servire, come tra l’altro ha ventilato il ministro Poletti, che si faccia costare ancora meno il contratto stabile?

Se il governo vorrà accentuare la differenza di costi tra il determinato e l’indeterminato, facendo costare quest’ultimo ancora meno, credo che potrebbe fare una cosa buona.

Ma gli altri contratti atipici per voi vanno comunque cancellati?

Credo che al momento che introdurremo, come è previsto nella delega, il contratto di inserimento a tutele crescenti – alla fine del quale maturi tutti i diritti insieme al tempo indeterminato, anche l’articolo 18 – dovremo disboscare le altre forme.

Una riforma che si rinvia di continuo, adesso pare al 2015. Lo scandalo è che per giunta ci hanno inserito anche il ddl sulle dimissioni in bianco. Che ne pensate?

È evidente che si vuole allungare il brodo,avrei preferito fosse discusso adesso. Ma in Senato si rischiava, con i differenti rapporti di forza, che il ddl fosse ostacolato.

Cosa cambia per l’apprendistato?

Abbiamo confermato la formazione pubblica, precisando che qualora entro 45 giorni dall’assunzione l’amministrazione non sia in grado di fornirla, l’impresa è esonerata dall’obbligo. Abbiamo ripristinato il piano formativo scritto per la formazione on the job. Inoltre abbiamo stabilito che ci sia l’obbligo di assumere il 20% degli apprendisti, per le aziende sopra i 30 dipendenti, se si vogliono accendere nuovi contratti di apprendistato.