Abbiamo immaginato di disegnare una fase 3 nel solco dello sviluppo sostenibile, ponendo la questione ambientale al centro della ripresa economica, avendo ben chiaro in mente che la vera sostenibilità si accompagna per sua stessa natura a valori quali equità e giustizia sociale e «non lascia indietro nessuno», come si legge nella introduzione al Green Deal Europeo.

In questo quadro abbiamo individuato un numero di progetti, ovviamente non esaustivo, ma indicativo al fine di delineare la ripresa post-covid nella direzion corretta.

AMBIENTE

La gestione del capitale naturale sarà possibile solo attraverso un inventario accurato della struttura dei sistemi naturali (la biodiversità) e della loro funzione (funzionamento degli ecosistemi) in modo da poter valutare l’impatto di ogni nostra azione sui processi che sostengono le nostre possibilità di vita. Questa conoscenza è frammentaria e disorganizzata. Occorre istituire un istituto nazionale della sostenibilità con una sezione dedicata alla osservazione delle condizioni del capitale naturale sia a terra sia in mare. Le risultanze di tale osservatorio dovranno guidare le altre scelte.

EDIFICI

Gli edifici devono essere costruiti/mantenuti usando materiali a basse emissioni incorporate. Per l’efficienza energetica esistono già normative (edifici a energia quasi zero), ma vanno aggiornate perché permettono di eludere facilmente lo spirito delle norme e anche per questo hanno contribuito unicamente a compensare, ma non ad arrestare, la crescita della domanda di energia del settore.

Occorrono quindi politiche più incisive volte alla riduzione delle dispersioni termiche tramite isolamento e alla progressiva sostituzione di tutte le caldaie con pompe di calore: la città a emissioni zero è destinata ad essere alimentata solo da energia elettrica rinnovabile.

Sono, perciò, necessari maggiori investimenti per l’efficienza energetica e, soprattutto, un cambio di paradigma nella progettazione e nella ristrutturazione degli edifici che vada nella direzione dell’architettura bioclimatica e della progettazione passiva. Non solo produrre energia pulita per il loro funzionamento, ma edifici che sfruttino sole e vento per la propria climatizzazione riducendo i consumi e, quindi, la domanda di servizi energetici.

In un’ottica di sostenibilità complessiva degli assetti urbani, rispondere alla richiesta di nuovi alloggi attraverso operazioni di recupero di edifici ed aree dismesse.

ECONOMIA CIRCOLARE

L’adozione dell’economia circolare è uno dei pilastri del Green Deal Europeo e implica una trasformazione radicale del modo di produrre e consumare. Implica il passaggio da un’economia basata sulla produzione a un’economia mista, in cui si riduce la produzione e aumenta la manutenzione. Dunque non più rapida obsolescenza dei prodotti, non più prodotti la cui riparazione costa più dell’acquisto di uno nuovo.

Cambia quindi anche il mercato del lavoro, offrendo grandi potenzialità per nuove attività e nuova occupazione nella manutenzione, riparazione, ammodernamento dei prodotti (700.000 posti di lavoro aggiuntivi, secondo il Green Deal europeo). Ciò porterebbe anche alla valorizzazione del ruolo della piccola industria, che caratterizza il sistema produttivo italiano, avvantaggiandola. Occorre anche proibire l’impiego delle bioplastiche per i prodotti usa-e-getta, perché il loro ciclo di vita non è a impatto ambientale zero e possono dare luogo alla riduzione delle superfici agricole destinate alla produzione di alimenti; vanno quindi usate solo per prodotti durevoli.

Alcuni esempi di proposta

  1. Introduzione dell’obbligo del vuoto a rendere per tutte le aziende che producono bevande o prodotti di largo consumo in forma liquida, a partire dal (per esempio) 1 gennaio 2022. Prerequisito per ottenere finanziamenti o prestiti è l’esistenza di un piano industriale che preveda l’introduzione del vuoto a rendere.
  2. Detraibilità delle spese sostenute per la riparazione di apparecchiature di uso domestico e di vestiario associata a incentivi economici per la creazione o il rafforzamento di aziende artigiane le cui attività sono volte al riuso, ricondizionamento, riparazione, noleggio di prodotti per la casa e per la persona
  3. Per le aziende che producono materiali e componenti per l’edilizia, contributi a fondo perduto o prestiti garantiti solo se usati (e a tale scopo incrementati) anche per attivare la procedura per l’ottenimento del marchio di qualità ecologica dell’Unione Europea Così come l’ecolabel (o etichettatura simile) per i capi di vestiario.

TURISMO

È in atto una forte tendenza a far tornare tutto come prima, anche il turismo distruttivo. Piuttosto che continuare a convogliare il flusso turistico in un numero limitato di imbuti, le città d’arte e i centri balneari, occorre distribuire il flusso orientandolo verso la miriade di piccoli centri, ciascuno con la sua forte identità, che costituiscono la spina dorsale del patrimonio edilizio, storico, culturale e paesaggistico. Ma per questo occorre riparare o costruire ex novo una rete ferroviaria interna alle regioni stesse. Anche questa è fonte di lavoro.

ENERGIA

Le azioni da mettere in campo subito sono ben note a tutti gli esperti del settore e vanno dalla sostanziale revisione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (Pniec), per ancorarlo solidamente agli obiettivi europei per il 2050, alla semplificazione delle procedure di autorizzazione per la realizzazione di impianti di produzione con energia rinnovabile, dalla introduzione di una carbon tax alla incentivazione dell’efficienza energetica nell’industria e nell’edilizia, dalla eliminazione dei sussidi alle fonti fossili alla incentivazione delle rinnovabili, che danno oltretutto origine a un gran numero di posti di lavoro aggiuntivi (un recente studio di Greenpeace stima in 141.000 i nuovi posti di lavoro che verrebbero generati da un piano che miri a un’Italia 100% rinnovabile nel 2040). E tuttavia se le fonti rinnovabili non vengono pienamente incluse in un nuovo sistema integrato non potranno offrire gli stessi vantaggi del sistema tradizionale: disponibilità immediata e trasferibilità nel tempo e nello spazio.

Un sistema energetico basato sulle fonti rinnovabili deve essere capace di fare altrettanto, dotandosi di vettori energetici sostenibili e di capacità di accumulo in grado di trasferire l’energia.
Qualche dubbio, invece, sulla produzione di energia elettrica mediante biocombustibili combinata con stoccaggio della CO2, in considerazione delle preoccupazioni espresse in merito dalla comunità scientifica e al rischio che le colture energetiche, se adottate su larga scala, rubino spazio a quelle alimentari.

Alcuni esempi di proposta

  1. Sostenere, con incentivi ad hoc, le comunità energetiche, cioè comunità che, a varia scala, producono energia con fonti rinnovabili, la autoconsumano e la condividono, permettendo lo scambio di energia e il suo accumulo in piccole reti indipendenti o semi-indipendenti dalla rete elettrica nazionale.
  2. Particolare impegno va messo nell’idrogeno prodotto con fonte rinnovabile da usare come vettore energetico e fonte primaria, in sostituzione della fonte fossile in tutta una serie di applicazioni che vanno dall’aeronautica alla produzione dell’acciaio, dai trasporti su lunga distanza, all’accumulo energetico.

NUTRIENTI

Per riportare i nutrienti nei campi e chiudere il ciclo, come era una volta, occorre creare una nuova stretta interazione fra centri abitati e aree rurali circostanti. Questa interazione si realizza attraverso impianti di depurazione delle acque reflue progettati in modo da fornire biogas che si usa in città, fertilizzante che torna come nutriente nei campi e acqua utilizzabile per l’irrigazione. Il recupero completo dei nutrienti si ottiene se anche i rifiuti solidi organici sono usati per alimentare un digestore anaerobico (può essere lo stesso delle acque reflue), ottenendo così altro biogas e fertilizzante.
Fino ad ora gli impianti di trattamento delle acque reflue comunali sono stati progettati e realizzati al solo scopo di rendere l’acqua da disperdere nell’ambiente conforme alle prescrizioni sanitarie e biologiche, e in molti casi, specie al sud, sono non funzionanti o malfunzionanti, e richiedono interventi o rifacimenti. Una loro sostituzione o ristrutturazione andrebbe fatta in modo da permettere la chiusura dei cicli dell’acqua e dei nutrienti, oltre alla produzione di biogas, una fonte energetica rinnovabile a servizio del comune.

Alcuni esempi di proposte

  1. Contributi ai comuni, o consorzi di comuni, per l’introduzione della digestione anaerobica nell’impianto di trattamento delle acque reflue. Nei comuni in cui il ciclo dell’acqua è gestito da privati, bisognerebbe prima di tutto farlo tornare in mano pubblica.
  2. Contributi ai comuni o consorzi di comuni per la realizzazione di impianti di digestione anaerobica dei rifiuti alimentari
  3. Contributi ai comuni, o consorzi di comuni, per la realizzazione della rete di acque depurate per l’irrigazione dei terreni urbani e peri-urbani.

INFRASTRUTTURE DEI TRASPORTI

Per quanto riguarda i trasporti il Green Deal europeo fornisce una precisa indicazione: “una parte sostanziale del 75% delle merci interne trasportate oggi su strada dovrebbe spostarsi sulla ferrovia e sulle vie navigabili interne” (nel caso dell’Italia, anche marittime).

Poco senso avrebbero, in questa prospettiva, progetti che implicassero un aumento del traffico su gomma. Va invece rinforzata la rete ferroviaria, sia le dorsali che le linee secondarie, così come vanno finanziate le opere di manutenzione di tutta la rete stradale esistente. Allo stesso modo vanno finanziate le opere tendenti al rinforzo delle capacità di trasporto di merci via mare (infrastrutture portuali, mezzi di trasporto).

Quanto all’automobile, la cui circolazione va comunque ridotta, renderla meno dannosa impone un salto decisivo all’industria del settore, come è previsto dal Piano tedesco.

Alcuni esempi di proposte

  1. Favorire il finanziamento di opere che mirano al miglioramento del traffico merci marittimo, anche in considerazione degli impegni presi in merito alla nuova “via della seta”.
  2. Respingere con forza la riproposizione del ponte sullo stretto. Se ne può riparlare solo quando la linea ferroviaria Palermo-Catania (160 km in linea d’aria) si potrà percorrere in meno di tre ore o Palermo-Agrigento (91 km) in meno di due ore.
  3. Aumentare l’Iva sui Suv.

MOBILITÀ

La mobilità su mezzo motorizzato nasce dal fatto che i servizi di cui si ha bisogno (dal negozio di alimentari, a quello di vestiti, al parrucchiere, all’ospedale, alla scuola, all’ufficio postale, ecc.) sono lontani dalla propria abitazione. Questa dislocazione è il risultato del modello di sviluppo urbano del secolo scorso basato sulla zonizzazione: le abitazioni tutte concentrate in una parte della città, in un’altra parte uffici e fabbriche, in un’altra ancora negozi, cinema, ristoranti e caffè. E così nacquero i quartieri dormitorio, i centri direzionali, i centri commerciali.

Più recentemente, però, si è sviluppato un approccio diverso, che si basa su quello che viene definito «mixed land use», ovvero uso del suolo misto. Si tratta di un approccio che in qualche modo rievoca la città medievale, in cui le funzioni urbane invece di essere relegate nelle rispettive zone sono invece integrate nello stesso quartiere.

In questo modo, spiegano gli urbanisti della città sostenibile, non occorre né l’auto né il mezzo pubblico, che invece si adopera per raggiungere servizi di uso più raro, quale per esempio il teatro o un museo.

Auto elettriche, gestione smart dei semafori e altre soluzioni tecnologiche più o meno avanzate, auto senza guidatore inclusa, affrontano solo la coda del problema. Tutto il necessario sostegno finanziario deve essere pure dato alla creazione di una rete capillare di piste ciclabili, passo importantissimo nel percorso verso la sostenibilità urbana.

I CENTRI ABITATI

Il 54% della popolazione mondiale vive in aree urbane e le città generano l’85% del Pil; le città consumano il 75% delle risorse naturali che entrano nel circuito economico, producono il 50% di tutti i rifiuti, sono responsabili del 60 – 80% delle emissioni di gas serra1 e si stima che al 2050 consumeranno l’80% di tutto il cibo prodotto nel mondo2.
In Italia3, nel 2019 la popolazione Urbana era del 69,1%. Dunque sui centri abitati bisogna puntare l’attenzione perché catalizzano la maggior parte delle risorse e delle attività economiche, e sono la causa prima del degrado ambientale.

Come è possibile? Tutto dipende dal metabolismo urbano. Una città, un centro abitato in generale, si può pensare come un organismo vivente, e per vivere ha bisogno di essere alimentato.

Gli alimenti di una città sono tutti i beni materiali – dalla penna biro al sacco di cemento, dal cibo ai combustibili fossili – che entrano nei suoi confini, l’acqua e l’energia elettrica.
Come qualsiasi altro organismo, gli alimenti si trasformano in rifiuti, dopo essere stati utilizzati, così la città produce rifiuti solidi organici e inorganici, acque reflue e emette la CO2 che deriva dalla combustione dei prodotti petroliferi che ha bruciato direttamente e da quelli bruciati nella centrale che fornisce l’energia elettrica che consuma.

Ma la città è causa pure di altre emissioni, indirettamente, quelle incorporate nei prodotti, servizi e cibo di cui si nutre. Quelle incorporate sono le emissioni che derivano dal processo di produzione del prodotto, e dal trasporto.

Ebbene, nei centri abitati, specie quelli dei paesi sviluppati, le emissioni incorporate nei prodotti, servizi e cibo che alimentano il loro metabolismo sono più del doppio di quelle causate dal riscaldamento degli edifici, dal traffico veicolare e dalla produzione industriale.

Questo preambolo per dire cosa? Per dire che per trasformare l’attuale metabolismo urbano e orientarlo verso la sostenibilità bisogna agire su tre fronti, che sono fra loro interconnessi: il flusso di materia (prodotti industriali, materia prima, acqua), il flusso di energia e il flusso di cibo.

La riduzione del flusso di materia si ottiene con l’applicazione dell’economia circolare, che si applica tanto ai prodotti industriali e ai servizi, quanto al cibo.

Applicarla ai prodotti non alimentari comporta renderli durevoli, riparabili, riusabili e facilmente riciclabili. Applicare l’economia circolare ai prodotti alimentari, invece, nell’ambito del metabolismo urbano, significa principalmente ripristinare il ciclo dei nutrienti.

Attualmente, quelli contenuti nel cibo che metabolizziamo, e che provengono dal suolo in cui il cibo è stato prodotto, tornano al suolo da cui provenivano solo per il 2%. Il resto si perde, ed è sostituito con fertilizzanti artificiali. Ciò comporta, oltre a grandi problemi di inquinamento, che anche il cibo incorpora emissioni, quelle dovute alla produzione dei fertilizzanti, oltre a quelle relative alle lavorazioni meccaniche del terreno e ai trasporti.

Al fine di minimizzare, in prospettiva le emissioni dovute al funzionamento del centro abitato, bisogna intervenire sugli edifici e sulla mobilità, oltre che sull’industria – cosa che però in gran parte esula dalle competenze a scala comunale.