Si tratta di uno dei fenomeni più affascinanti della vita animale, e non solo: per la loro vastità e diffusione e per i meccanismi che le rendono possibili, alcuni dei quali ancora avvolti nel mistero. Le più note ed osservabili sono quelle degli uccelli, ma leggendo un libro come Senza confini, le straordinarie storie degli animali migratori di Francesca Buoninconti, giornalista scientifica e naturalista, ci si rende conto di come riguardino un’enorme varietà di animali. Stiamo parlando delle migrazioni, vere e proprie avventure che si dispiegano in tutti gli ambienti possibili, aria, terra, acqua, dal deserto alle tundre, dalle calotte artiche alle barriere coralline, con rotte indicate dalle correnti, dalle stelle, dal campo magnetico terrestre, dagli odori.

Un libro ricchissimo di missioni al limite delle possibilità fisiche di animali fragili e forti allo stesso tempo, in un pianeta dove sembra che in qualche modo tutti siano in marcia. Ma quando questi spostamenti sono da considerarsi delle «migrazioni»?

Spesso con il termine migrazione, nell’accezione comune, si intendono semplici spostamenti o fenomeni di dispersione. La migrazione vera e propria è invece un viaggio pendolare, che prevede un’andata e un ritorno, legato alle stagioni, che si svolge tra due aree del pianeta anche molto vicine fra loro: un sito riproduttivo e uno dove si trascorre il resto dell’anno o della vita. Per noi la migrazione dura nel momento in cui la vediamo – in autunno o in primavera per esempio per gli uccelli – ma per gli animali la migrazione è uno stato di vita: molti sono in viaggio anche nove o dieci mesi l’anno. È un fenomeno molto più diffuso di quanto si pensi, per il libro ho dovuto operare un selezione.

Le storie che lei ha raccolto sono straordinarie, in termini di distanze percorse, velocità raggiunte, sacrifici compiuti, e altrettanto straordinario è stato il lavoro di documentazione che ha svolto per scrivere questo libro. Quale è stato il suo metodo?

E’ stato un lavoro lungo. Sono partita da uno screening di tutte le pubblicazioni scientifiche in materia, quelle storiche e quelle più recenti, in seguito tutti i capitoli sono stati riletti e rivisti da ricercatori del settore; poi c’è anche un mio contributo di ricerca, perché nei miei studi universitari mi sono specializzata sulla migrazione degli uccelli e sono diventata inanellatrice Ispra, quindi abilitata alla marcatura di questi animali; in particolare ho studiato i meccanismi ormonali che regolano il fenomeno in alcune specie, alcuni articoli che sono citati come fonti nel libro sono frutto del mio lavoro di assistente di campo.

Tutte le migrazioni hanno caratteristiche incredibili, dentro questo contesto comunque eccezionale vogliamo segnalare alcuni «record»?

Sicuramente uno dei fuoriclasse è la sterna artica, un uccellino che pesa poco più di 100 grammi: ogni anno compie 96 mila chilometri, il viaggio migratorio più lungo in assoluto, fra il polo nord e il polo sud. Nell’arco della sua vita, che ha un’aspettativa piuttosto lunga per un animale di così piccole dimensioni, sui 20-30 anni, arriva a percorrere 2 milioni e mezzo di chilometri: 3 viaggi di andata e ritorno dalla Terra alla Luna con le sole sue ali. Un altro uccello da record è il falco dell’ Amur, che si riproduce nella parte più orientale della Cina e va a trascorrere l’inverno in Africa meridionale; per fare questo viaggio attraversa 3500 chilometri sull’oceano indiano senza posarsi mai, fatto raro perché in genere gli uccelli migratori evitano il mare il più possibile, essendoci meno correnti ascensionali da sfruttare; probabilmente riesce in questa impresa anche grazie al fatto che vola assieme a un altro migratore che fa lo stesso percorso, la libellula frecciaerrante, di cui si nutre.

Ci sono migrazioni più «misteriose» di altre ed aspetti ancora non compresi?

Ancora non conosciamo nel dettaglio le migrazioni degli squali e in generale degli animali marini. Non abbiamo le rotte complete delle megattere o delle balenottere azzurre, nonostante siano gli animali più grandi al mondo, oppure gli squali balena, di cui sappiamo dove si alimentano ma non dove si riproducono. C’è poi ancora tanto da capire sui meccanismi di orientamento. Per esempio le zebre, che sono di varie specie alcune delle quali migrano, come quelle di Grant che si spostano assieme agli gnu fra Tanzania e Kenia; sui loro spostamenti ci sono varie ipotesi, una di queste, come per gli gnu, è che seguano una forma di stigmergia, un fenomeno associato di solito agli insetti sociali che consiste nel lasciare una traccia di feromoni per comunicare la strada da seguire per raggiungere una fonte alimentare. Un altro tipo di zebra, quella di Burchell – si sposta tra Namibia e Bostwana nel deserto del Kalahari – che mostra un tempismo tanto perfetto da presupporre la presenza di un orologio «interno». Per non parlare del fatto che questa migrazione, interrotta 36 anni fa da una recinzione per il bestiame, si è ripristinata, nonostante le zebre non vivano più di 12 anni. Un vero mistero. Eclatante il caso delle tartarughe marine, che tornano a riprodursi nello stesso luogo dove sono nate grazie a un imprinting magnetico: mentre corrono verso il mare subito dopo la schiusa schivando i predatori, memorizzano le coordinate magnetiche della spiaggia.

Alcuni migratori insospettabili?

I granchi, che non sono solo animali marini ma anche terricoli, ad esempio i granchi rossi dell’isola di Natale che si spostano dalla foresta pluviale dove vivono al mare per deporre le uova, compiendo una migrazione spettacolare di milioni di esemplari tutti insieme. Oppure i pipistrelli, difficili da studiare perché notturni, che spesso percorrono migliaia di chilometri per arrivare al sito dove andranno in letargo, questo sia nel continente americano che in Europa.

Come agiscono i cambiamenti climatici sulle migrazioni?

Si stanno già riscontrando parecchi cambiamenti per effetto dell’aumento delle temperature. Molti uccelli, ma anche le balene, arrivano, o cercano di arrivare prima nei siti di riproduzione in primavera. Per fare presto in alcuni casi riducono la durata delle soste, quindi aumentano i rischi del viaggio e arrivano stremati, come l’oca facciabianca che poi non riesce a riprodursi subito e perde il vantaggio acquisito con la velocità. Inoltre mentre le temperature cambiano, il fotoperiodo, che determina il momento in cui partire, rimane lo stesso e questo complica ancora di più le cose. Questi cambiamenti mandano in tilt sincronie che si sono evolute nel corso di migliaia di anni per far usufruire appieno dei picchi di disponibilità alimentare. Le tartarughe marine hanno un altro tipo di problema, molto serio: il sesso dei nascituri è determinato dalla temperatura di incubazione, l’innalzamento di pochi gradi ha determinato la femminilizzazione delle popolazioni, e questo mette a rischio intere specie. Si potrebbero fare moltissimi altri esempi purtroppo. Non ci sono solo i cambiamenti climatici a minacciare gli animali migratori: barriere, bracconaggio, caccia, inquinamento, specie aliene, commercio rendono la loro vita ancora più vulnerabile, infatti sono quasi tutte classificate dall’ Iucn come specie a vari livelli di rischio. E se i migratori scompaiono, con loro spariranno anche i preziosissimi servizi ecosistemici che rendono al pianeta.