Le metafore teologiche del «Capitale»
Scaffale L'ultimo libro dello studioso argentino Enrique Dussel su Marx, edito da Inschibboleth
Scaffale L'ultimo libro dello studioso argentino Enrique Dussel su Marx, edito da Inschibboleth
L’ateo Marx è sepolto nel cimitero londinese di Highgate mentre l’ateo Darwin è sepolto, vicino a Newton, nell’abbazia di Westminster. Eppure la lettura dell’opera di Enrique Dussel, Metafore teologiche di Marx (traduzione e cura di Antonino Infranca, Inschibboleth, pp. 360, euro 28), potrebbe far sorgere qualche dubbio circa la legittimità del luogo dove riposano le spoglie mortali del filosofo di Treviri.
Sia ben chiaro: non si vuol sostenere che, magari in punto di morte, come qualcuno ha tentato di fare con Gramsci, ci sia stata una conversione di Marx se non proprio al cattolicesimo, almeno al protestantesimo. L’analisi delle dense e molto complesse pagine che lo studioso argentino, da anni trasferitosi in Messico, dedica al pensiero marxiano conduce, piuttosto, a ripensare all’affermazione della religione come «oppio dei popoli».
La religione, nella forma intellettuale della teologia, e, perciò, la teologia tout court è, secondo lo studioso argentino, intrinsecamente legata al discorso di critica dell’economia politica e del capitalismo che Marx sviluppa nell’ambito di tutta la sua produzione teorica (Dussel sembra non distinguere un giovane Marx da un Marx maturo); detto meglio, nell’opera del Moro, in specie nel Capitale, è individuabile una logica interna che, a partire da metafore teologiche, si configura come anima della critica del sistema economico capitalistico.
GLI ESEMPI, a detta di Dussel, sono molteplici: feticcio, demonio, Bestia, riferiti al capitale, sono «sostantificazioni» del capitale stesso in termini di una teologia metaforica. L’autore sostiene fino in fondo la sua tesi avvalendosi di una conoscenza dei testi che gli consente un loro uso continuo e pertinente; uso che, partendo da singole argomentazioni, lo porta progressivamente alla costruzione di generalizzazioni nella forma di nessi sempre disponibili al confronto con le grandi linee del divenire storico concreto. Infatti nell’opera di Dussel è presente la tendenza a fare della critica dell’economia politica anche una critica della stessa teologia nel momento in cui il capitalismo è interpretato, dai suoi attuali apologeti, come una sorta di religione i cui dogmi diventano le idee dominanti delle nuove classi dominanti. Non basta porsi, sembra suggerire l’autore, nell’ottica della religione come alienazione se, come accade, la religione si secolarizza e mostra la sua doppia valenza alienante: quella teologica e quella economico-politica.
Da questo punto di vista ha un peso decisivo, come ricorda Infranca nella sua Introduzione al volume, il fatto che Dussel, scrivendo su Marx, si sia allontanato dapprima dalla chiesa latinoamericana, abbia lambito la Teologia della Liberazione, «per arrivare oggi su posizioni decisamente marxiste». A questo livello il pensatore argentino riesce a fare della fede una questione personale, mentre la militanza politica diventa la priorità.
TUTTO QUESTO, come nota ancora Infranca, in controtendenza rispetto all’andamento della storia che, soprattutto dal 1989, presenta uno scenario per nulla favorevole al marxismo; la scelta di Dussel è stata, invece, convintamente marxista fino all’affermazione che, proprio a partire dalla caduta del Muro di Berlino, si pone una nuova esigenza di lotta e di impegno. Al lettore, seppur non del tutto digiuno di scritti su Marx e di Marx, può anche apparire inattuale la lettura dusseliana in cui viene proposto questo continuo sovrapporsi di citazioni bibliche o comunque di testi teologici e brani delle opere di Marx.
Terminato, però, di leggere il libro si scopre un orizzonte in cui sul poco esplorato terreno abitato dal nesso teologia-economia politica compare l’audacia di un pensiero che smuove la teoria dal ristagno e pone la ricerca di Dussel nell’ottica dell’XI Tesi su Feuerbach nella quale si richiede che all’interpretazione del mondo faccia seguito la sua trasformazione.
In chiave gramsciana si potrebbe chiedere se l’opera del filosofo sudamericano possa in qualche modo far parte dello statuto scientifico della «filosofia della praxis». Le occasioni che si spera verranno fornite per discutere il libro offriranno di certo risposte articolate, anche se forse non esaustive.
La presentazione a Roma (Libreria editrice Tlon, via Nansen 14) si terrà giovedì 7 marzo alle 17.30. Intervengono Antonio Caridi, Michele Prospero e il curatore Antonino Infranca.
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