«Tu sei la notte, Lilah. Una ragazzina persa nel bosco. Sei una leggenda che si racconta, l’inesplicabile. Sei una storia di passione, quella che fa tenere le tende chiuse. Io mi auguro che tu mi stia aspettando, perché io posso anche farcela da solo. C’è troppa oscurità per scovare punti di riferimento. E io non voglio i tuoi amuleti. Io spero solo che tu mi stia aspettando, sul tuo tappeto di stelle. Tu sei la notte Lilah. Sei tutto ciò che non riusciamo a vedere. Lilah, tu sei la possibilità delle cose». Così cantava la voce bassa, sensuale e meravigliosamente inquieta di Mark Sandman nel brano The Night, avviluppato nelle spire rugose del sax baritono di Dana Colley, ultimo disco dei Morphine, ultimo disco per Sandman, che non lo vedrà fisicamente, stroncato a quarantasei anni su un palco di Palestrina il 3 luglio 1999.
Lilah nel mondo arabo e oltre è conosciuta anche, e più frequentemente come Layla, e con diverse variazioni grafiche nel modo di rendere il nome. La sostanza resta la stessa, quella Signora della Notte fascinosa che va confondersi, risalendo a vertigine nei secoli, con la figura di Iside, dea madre e signora della notte. Un nome e una storia, che ha incrociato nel profondo le vicende del rock. Una storia archetipica nel patrimonio di racconti del bacino del Mediterraneo, che è diventata anche musica sonante e nuovo racconto, spargendo le proprie ife nelle culture popular anglosassoni. La storia di Layla-Lilah la trovate per così dire «canonizzata», resa modello letterario sublime (ne seguirono infatti nei secoli versioni arabe turche, urdu) da probabile sedimentazione di racconti orali in Leyla e Majnun scritto da Nizami Ganjavi nel 1188. Nizami fu scrittore e poeta sommo persiano, vissuto tra il 1141 e il 1209, azerbaigiano di origine. Si tratta di un’opera affascinante, densa di simbolismo mistico Sufi e di immagini e metafore poetiche di un lirismo raffinato. Ne esiste un’eccellente versione italiana pubblicata da Adelphi nel 1985. È un romanzo in versi, la storia di una coppia che sperimenta la passione e lo struggimento fino alla follia, dopo che i due si sono conosciuti e innamorati da bambini, e poi separati a forza, come Romeo e Giulietta. Lui a vagare nel deserto, folle d’amore, lei, la principessa Leila, rinchiusa in un giardino, prigioniera ed esule, costretta a un matrimonio forzato dal padre con un uomo del proprio rango nobiliare.
UN REGALO
Il primo rocker a identificarsi con le vicende di Leyla e Majnun fu Eric Clapton, e la storia l’ha narrata nella sua autobiografia del 2007. Lui in quel momento era un po’ allo sbando: il supertrio Cream con Jack Bruce e Ginger Baker era finito e cercava qualcosa d’altro. Trovatosi tra le mani lo splendido libro, il regalo di un amico, ne rimase sconvolto: in quei giorni stava succedendo qualcosa di inconfessabile, s’era innamorato di Pattie Boyd, modella e fotografa inglese. Che in quel momento era la moglie del suo amico George Harrison. Per togliersela dalla mente s’era fidanzato con la sorella di Pattie, Paula, ma aveva continuato, in maniera più o meno evidente, a corteggiare l’inarrivabile Pattie. Al contempo, pare, annichilita e lusingata dalle attenzione del celebratissimo chitarrista. Nel 1969 per lei scrisse Layla, in cui si parla di un uomo «in ginocchio di fronte all’amata», uno splendido brano caratterizzato da un riff veloce e indimenticabile, eseguito da due chitarre, con una sorta di tormento struggente e una linea vocale potente, nel ritornello, eseguita un semitono sopra, a voce sforzata. Una canzone che in realtà è la fusione di due brani: la quiete dopo la burrasca rock arriva con una maestosa e lunga coda pianistica, che dilata il brano in uno strumentale di rara eleganza. Uscì nel 1970, accreditato ufficialmente a Clapton e Jim Gordon, il batterista, per il primo e unico disco di studio del supergruppo Derek & The Dominos, registrato a Miami tra agosto e settembre del 1970. Un nuovo supergruppo in cui Clapton si trovava a duettare con un’altra mano magica sulle corde, quella di Duane Allman dalla Allman Brothers Band. Layla and Other Assorted Love Songs il titolo del riuscito lavoro: e il fatto che Layla sia la prima indicazione, e si parli poi di «altre assortite canzoni d’amore» la dice lunga. Dove tra le «canzoni d’amore» si parla anche di faccende toste che richiamano indirettamente i tormenti di Leyla e Majnun: il blues classico anni Venti «Nessuno sa che tu sei depresso e fuori di te», «Perché l’amore deve essere così triste», «Un cespuglio di spine nel giardino», e via citando. Pare che Clapton abbia fatto ascoltare Layla a Pattie la prima volta che si trovarono da soli in una camera d’albergo, e lei ne rimase sconvolta. Nel 1977 la storia di Pattie e George Harrison finì con un divorzio, nel ’79 fu un Harrison pacificato e sereno ad assistere al matrimonio tra il suo amico Clapton e la sua ex signora Pattie Boyd.
La copertina di Layla and Other Assorted Love Songs raffigurava un dipinto di Emile Théodore Frandsen intitolato La Jeune Fille au Bouquet, quadro acquistato da Clapton e donato a Harrison il quale in seguito lo regalò proprio a Pattie Boyd. Ed è di poco tempo fa la notizia che quel dipinto è stato venduto a un’asta dalla stessa Boyd – insieme a una collezione di lettere, foto e molto altro riguardante la sua relazione con i due artisti – per la somma di 2,5 milioni di dollari.
COINCIDENZE
Ma torniamo a quel disco di Derek & The Dominos che, come s’è detto, è rimasto un unicum. Un po’ di concerti infuocati, l’attesa per un seguito, ma poi Duane Allman muore all’improvviso in un incidente di moto nell’ottobre del ’71. Layla and Other Assorted Love Songs ha però sedimentato nelle coscienze rock una sorta di ammirazione reverenziale, rinfocolata peraltro dall’uscita nel 1990 delle session complete nella 20th Anniversary Edition. Succede allora che entri in scena un ennesimo supergruppo, quello che contende ai Gov’t Mule di Warren Haynes la primazia nel ribollente mondo del southern rock, di cui, guarda caso, erano principi proprio gli Allman Brothers. Si tratta della Tedeschi Trucks Band, e ancora una volta i molti fili si rannodano nel posto giusto: perché Derek Trucks (si noti il nome: non un caso), chitarrista funambolico specie nella tecnica slide, sembra la reincarnazione di Duane Allman, e perdipiù è il nipote di Butch Trucks nei ranghi della Allman Brothers Band. Nel 2020 riceve una chiamata da Eric Clapton, per un anno è in giro con lui, e un giorno vede il dipinto originale che è diventato la cover di Layla. Susan Tedeschi, rocker e blueswoman nata incredibilmente nello stesso anno e nello stesso giorno della pubblicazione del disco di Derek & The Dominos, 9 novembre 1970, altro segno, è un altro prodigio della sei corde. Nel 2021 decidono di sfidare l’ossessione per Layla, e di fronte al pubblico scalpitante del Festival LOCKN’ si lanciano nell’impresa: risuonare e incidere tutto Layla and Other Assorted Love Songs. Missione impossibile? Macché, non per loro, che hanno un gruppo scaltrito che può frequentare ogni rivolo delle più irruenti note afroamericane, e lanciarsi in jam spericolate di ore. Nel 2021 esce Layla Revisited, doppio cd, con la partecipazione speciale sul palco di Trey Anastasio, leader dei Phish, altra jam band di fiamma.
Le passioni divoranti hanno almeno un merito enorme, a dispetto delle molte cicatrici che spesso lasciano: innescano momenti di creatività debordante. E così succede che anche Susan Tedeschi e Derek Trucks finiscano nella piena possessione di Layla. Con la mediazione sempre presente di Clapton e Duane Allman, ma con la fonte primigenia del tutto, il romanzo in versi di Nizami Ganjavi. Succede al tempo del lockdown, quando la lunga inattività sui palchi attizza invece in molti musicisti scatti imperiosi di creatività e voglia di fare. Così succede nella Tedeschi Trucks Band: collegamenti via Zoom, microfoni aperti, e la decisione di tutti di lavorare sulla vicenda originaria di Leyla e Majnun. L’enigma di Layla, la luna del desiderio, diventa musica, e non come mera colonna sonora, ma scaturigine essenziale delle storie. Che diventano i quattro magnifici, incandescenti cd Crescent, Ascension, The Fall, Farewell. Tutti assieme: I Am the Moon, io sono la luna. In rock.