«Siamo tutti Charlie». La Francia ha reagito con decine di manifestazioni, in tutte le principali città del paese, all’attentato che ha avuto luogo ieri mattina, nella sede del settimanale satirico Charlie Hebdo. 12 vittime, tra cui i disegnatori mondialmente conosciuti Wolinski e Cabu, l’economista keynesiano iconoclasta Bernard Maris, il direttore Charb, due poliziotti adibiti alla sorveglianza del settimanale da quando era scoppiata la polemica sulla caricature di Maometto.

Ci sono quattro feriti tra la vita e la morte e 34 persone sono state ricoverate all’Hotel Dieu, sotto choc. Alle 11,40, un redattore è riuscito a telefonare a un amico dalla sala della riunione di rue Nicolas Appert, non lontana da boulevard Richard Lenoir, nell’XI arrondissement, vicino a un asilo e a una scuola elementare: «Chiama la polizia, è un massacro».

Tre uomini, rivela nel primo pomeriggio il ministro degli interni Bernard Cazeneuve, hanno fatto irruzione nella redazione di Charlie Hebdo, vestiti di nero, incappucciati e armati di kalashnikov e lanciarazzi. Identificati in serata, secondo la stampa francese, sarebbero due franco-algerini, di 32 e 34 anni, tornati quest’estate dalla Siria, il terzo ricercato sarebbe invece un diciottenne senza fissa dimora. Le teste di cuoio avrebbero concentrato l’azione a Reims. Uno dei sospetti, scrive il sito di Le Point, era già stato processato nel 2008.

Gli attentatori hanno sparato contro i giornalisti, erano bene informati perché il mercoledì mattina ha luogo la riunione di redazione settimanale. Erano calmi, racconta un testimone, «sapevano esattamente quello che facevano». Poi la fuga, la sparatoria con la polizia, due agenti vengono uccisi. Nel nord di Parigi, abbandonano l’auto, una Citroen nera, poi fermano un automobilista, feriscono un pedone, e riescono a scappare nella banlieue nord, passando per la Porte de Pantin. Alcuni testimoni affermano di averli sentiti gridare: «Allah akbar, il profeta è vendicato» Un testimone sostiene che gli assassini hanno fatto riferimento ad Al Quaeda in Yemen.

È l’attentato più grave in Francia degli ultimi 50 anni. Ha colpito un giornale satirico, che esercita la sua ironia dagli anni ’70 contro tutti i fanatismi.

François Hollande si è recato sul luogo dell’attentato, in rue Nicolas Appert alle 12,45. «È un attentato terrorista, non ci sono dubbi», ha detto il presidente, che ieri sera è intervenuto in radio e tv: oggi è giorno di lutto nazionale, per la «libertà». Hollande ha fatto appello all’ «unità nazionale», la nostra «arma migliore» per «fare blocco, mostrare che il paese sa reagire» per difendere la libertà di stampa, «pilastro della democrazia» anche per la sindaca di Parigi, Anne Hidalgo. Il presidente ha rivelato che «nelle ultime settimane sono stati sventati vari tentativi di attentati». La Francia temeva un attentato, perpetrato da «lupi solitari», da jihadisti di ritorno dai campi di battaglia della Siria e dell’Iraq: 1200 francesi sono partiti per quelle zone, circa 200 sono tornati. Nicolas Sarkozy ha risposto a Hollande, assicurando che il suo partito «sosterrà senza riserve tutte le iniziative governative» a favore di misure «forti contro il terrorismo». Per l’ex presidente, «la fermezza assoluta è la sola risposta possibile». Il presidente dell’Assemblea nazionale, Claude Bartolone, assieme ai presidenti di tutti i gruppi politici, ha lanciato un appello all’«unità nazionale, per difendere la libertà sotto tutte le sue forme». Nella condanne unanimi del mondo politico, Marine Le Pen ha cercato di approfittare della situazione: dobbiamo «liberare la parola di fronte al fondamentalismo islamico», ha affermato. Reazioni anche nel mondo musulmano: per il rettore della Moschea di Parigi, Dalil Boubakeur, che pure aveva denunciato Charlie Hebdo per le caricature di Maometto, siamo di fronte a una «dichiarazione di guerra» ed «entriamo in un periodo di grandi conflitto».

L’attentato arriva in un momento di estrema tensione sulla questione dell’identità in Francia. Simbolo di questa ossessione sono il successo del libro del polemista Eric Zemmour, Le suicide français, e la promozione ossessiva dell’ultimo romanzo di Michel Huellebecq, uscito proprio ieri in libreria, Soumission: entrambi insistono sulla paura della «sostituzione di popolazione», che minaccerebbe la Francia, destinata a diventare un paese islamico.

Parigi è stata messa in stato d’allerta con 500 poliziotti in più nelle strade, è entrato in vigore il piano «Vigipirate attentati», il livello più alto, ci sono controlli rafforzati nei luoghi sensibili (trasporti, grandi magazzini, media, luoghi di culto). Le bandiere dell’Eliseo, del Senato e dell’Assemblea nazionale sono a mezz’asta.

08desk1 charlie hebdo video reuters 3

Ci sono testimonianze contraddittorie sugli attentatori, Ottilia, un’impiegata di un ufficio vicino, ha affermato che parlavano in un cattivo francese. La disegnatrice Coco, che si è salvata riparandosi sotto una scrivania, sostiene invece che parlavano correttamente. C’è stato un inizio di polemica sul fatto che la sorveglianza della polizia alla sede di Charlie Hebdo sembrava ultimamente un po’ allentata, anche se Charb aveva delle guardie del corpo. Gérard Biard, capo-redattore (che era in viaggio a Londra), afferma che «le minacce erano percepite con meno forza negli ultimi tempi». Gli attentatori avrebbero detto: «Abbiamo ucciso Charlie Hebdo».

«Oggi è il silenzio che si abbatte su di noi, sono tutti morti», ha detto tra le lacrime Philippe Val, che è stato per 17 anni direttore di Charlie Hebdo.