Nell’appassionata difesa del proprio operato apparsa sul manifesto del 25 aprile in risposta alle critiche di Sandro Medici, il sindaco di Roma Ignazio Marino si lascia andare ad un’affermazione impegnativa: «Alcuni poteri economici, nella città che cambia, hanno dichiarato apertamente di essere all’opposizione». Non è chiaro a chi si riferisca ma dal punto di vista dell’urbanistica romana una maggiore prudenza non guasterebbe. Il potere finanziario che domina incontrastato la città non sembra per nulla all’opposizione o preoccupato, poiché tutto procede nel migliore dei modi.

L’esempio più chiaro viene da quello che Marino sbandiera come un suo grande merito, e cioè la trasformazione delle caserme di via Guido Reni (nei pressi dell’Auditorium di Renzo Piano, ndr), dove dovrebbero essere «valorizzati» alcuni immobili del ministero della difesa. Il progetto però non è affatto nuovo e risale niente meno che al 2007, quando l’amministrazione di allora dichiarò che si sarebbe dato il via alla realizzazione del museo delle scienze. Se ripercorriamo i sette anni che ci separano da quell’annuncio, ci rendiamo conto di quali siano i nuovi poteri nella città e di come la finanza speculativa abbia – almeno temporaneamente – trionfato.

Nel 2007 era operante la Scip 2, e cioè la società veicolo creata dal ministro Tremonti per valorizzare e vendere il patrimonio dello Stato. All’epoca, anche per il contrasto con le Fondazioni bancarie, non si raggiunsero gli equilibri economici e finanziari e la Scip 2 concluse la sua azione con un forte deficit. Né migliore fortuna ebbe l’altra società di valorizzazione immobiliare, e cioè Fintecna. I fallimenti portarono Tremonti alla costruzione nel 2009 di una nuova società, la SGR investimenti, nata all’interno della Cassa depositi e prestiti e alla cui direzione mise un suo fedelissimo, quel Massimo Verazzani che appena un anno prima era stato nominato commissario straordinario per il buco di bilancio di Roma.

Da allora Cassa depositi e prestiti ha subito un processo di trasformazione profonda messo bene in luce dalle analisi di Marco Bersani e dalle azioni del «Forum per una nuova finanza pubblica e sociale»: è infatti diventata, con la presenza di Franco Bassanini e delle Fondazioni bancarie, il punto di equilibrio al cui interno vengono risolti gli equilibri del potere finanziario che guidano i processi di vendita e trasformazione del patrimonio dello stato. Presidente del cda di SGR e direttore generale di Cdp è Matteo Del Fante, 12 anni passati in JP Morgan. Amministratore delegato di Cdp è Giovanni Gorno Tempini, formazione in Banca Intesa e 14 anni passati in JP Morgan. In tema di speculazione immobiliare, questa gigantesca banca privata (la seconda degli Stati Uniti) è una garanzia assoluta: nell’ottobre 2013 è stata costretta a risarcire il governo Usa per lo scandalo dei mutui subprime del 2007 – 2008 per un importo di 13 miliardi di dollari. Infine, per non farci mancare nulla, nel consiglio di amministrazione di Sgr siede Ettore Gotti Tedeschi, già presidente dello Ior.

Ma torniamo alle caserme del Flaminio. Durante le assemblee con la popolazione è stato affermato che si poteva discutere tutto, ma non l’enorme volumetria (300 mila metri cubi di cemento pari a tre alberghi Hilton, avrebbe detto Antonio Cederna) perché quello era l’equilibrio vincolante deciso da SGR investimenti che ha oggi la proprietà del bene. Il destino di un importante quartiere di Roma viene dunque deciso da un gruppo di agguerriti finanzieri. Ecco perché il sindaco Marino dovrebbe essere più prudente a scrivere che la sua amministrazione «sta rompendo i privilegi consolidati».

Se vuole farlo davvero, e sono convinto che questo obiettivo sia nelle sue corde, chiami a sostegno quella parte di città che ha sventato le folli delibere del cemento di Alemanno. E se vuole dare un segnale vero di cambiamento, imponga che al Flaminio, visto che la proprietà è interamente pubblica, vengano costruiti alloggi veramente pubblici (e non sociali, come si ama dire in modo truffaldino oggi) da assegnare alle famiglie senza tetto costrette da anni ad occupare edifici abbandonati della città per essere poi sistematicamente sgomberate con la forza. Solo così si rompono davvero i privilegi.

Rettifica pubblicata sul quotidiano dell’8 maggio 2014:

Sulla trasformazione urbanistica dell’ex stabilimento militare di macchine elettriche di via Guido Reni l’articolo pubblicato il 1 maggio dal titolo «Le manovre di palazzo sulle caserme del Flaminio» riporta informazioni errate.

Non è infatti vero che: «Il progetto non è affatto nuovo e risale niente meno che al 2007». C’era un progetto nel 2007 per la Città della Scienza al Flaminio, ma non nella caserma Guido Reni, bensì in un piccolo lotto rimasto inedificato vicino al MAXXI. Si fece anche un concorso di architettura con un vincitore, ma era tutto finto. Si pensi che il museo si era ridotto ad appena 4.000 mq, non i 27.000 mq del progetto della Città della Scienza su cui sta lavorando l’attuale amministrazione.

Non è vera l’affermazione: «L’enorme volumetria (300 mila metri cubi di cemento pari a tre alberghi Hilton, avrebbe detto Antonio Cederna)». Sono 144 mila i metri cubi per funzioni residenziali, commerciali e turistico ricettive, di cui 19.200 di alloggi veramente sociali, secondo la definizione che ne dà il Decreto ministeriale del 22 aprile 2008: «Unità immobiliare adibita ad uso residenziale in locazione permanente che svolge la funzione di interesse generale […]di ridurre il disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in grado di accedere alla locazione di alloggi nel libero mercato». L’area, che ha una estensione di 51.000 mq, e che non era di proprietà del comune ma dell’Agenzia del Demanio, diventerà di Roma Capitale per 24.000 mq e oltre alle attrezzature pubbliche di quartiere potrà ospitare una importante funzione pubblica di livello metropolitano, «La città della scienza».

Inoltre alcune precisazioni a proposito de «le folli delibere del cemento di Alemanno». Bastava leggere il testo della stessa delibera su via Guido Reni per sapere che la giunta Marino ha cancellato la delibera scandalosa di Alemanno, la n.8 del 28/29 ottobre 2010, che aveva previsto una colata di cemento sulle quindici caserme, per altro mai trasferite al Comune. Una decisione contro la quale erano sorti in città movimenti e comitati.

E infine un’osservazione sulle «manovre di palazzo sulle caserme del Flaminio». Il volume edificabile e le funzioni per la ex caserma Guido Reni erano già definite in una memoria di giunta approvata il 25 settembre del 2013, ad appena due mesi dall’insediamento. La lettera di Cassa depositi e prestiti investimenti SGR a Roma Capitale con la quale «si condividono gli scenari di trasformazione edilizia e urbanistica contenuti nella memoria» è del 17 dicembre 2013. Insomma è Cassa Depositi e Prestiti che ha accettato quanto proposto da Roma Capitale e non viceversa.

Un po’ di prudenza in più, come scrive il manifesto, quando si parla dell’urbanistica della giunta Marino servirebbe. Si tratta di una materia in cui non sono consentite approssimazioni.

Assessorato alla Trasformazione Urbana di Roma Capitale