L’alba degli Anni ’80, le fiammate del conflitto Iran-Iraq, «la famiglia Addams», «I giardini di Marzo» di Battisti/Mogol e lo spot delle liquirizie Tabù con il plagio de «Il cantante di jazz» e poi lo «Zorro» Tv Disney con Guy Williams. Gran frullato di immagini e suggestioni iconiche, questo Le mani di Z, volume postumo di Gabriele Di Benedetto/AkaB. Come in altri lavori dell’autore la superficie è quell’inconscio collettivo nerd in cui AkaB era cresciuto e di cui aveva intessuto molte sue narrazioni. Ma la sostanza resta quella realistica e genuinamente no-nonsense delle più estreme prospezioni psicologiche firmate dal fumettista milanese nella sua lunga e intensa carriera.

224 PAGINE in bianco e nero scritte e disegnate da AkaB nell’ambito della partnership tra Progetto Stigma ed Eris Edizioni, un formidabile patto tra storytelling ed editoria che si traduce nella collana più genuinamente radicale sulla piazza. La storia al centro tiene insieme tante storie nascoste: quella di un quartiere di Milano ritratto attraverso l’inconfondibile retroscena dei suoi cortili e dell’umanità che occhieggia tra i balconi; quella di una madre e un figlio uniti solo dalla malattia di quest’ultimo, un ritardo dovuto a un vulnus degno di Johnston McCulley e di ogni (inconsapevole) eroe da «comic book»; infine, quella dal sapore biblico e quasi steinbeckiano di due fratelli impegnati nella scrittura di un film impossibile.

LO STILE della narrazione è il frutto di un controllatissimo flusso di coscienza, con un linguaggio scarno declinato in raffiche brevi e secche e schegge d’inchiostro tagliente che rimandano a Muñoz e/o Altan. Ma come nelle migliori uscite di AkaB, la lettura offre lo stesso piacere autistico che si prova tormentando una ferita. Letteratura d’evasione che però trascina tra le gabbie della mente, in un fumetto sghembo che va oltre tutti gli esercizi di stile del momento risucchiando in un parallelepipedo lucido e oscuro come il monolite di Kubrick battute epocali come «Tutti sono malati, di malattie diverse».
Per saperne di più: www.progettostigma.com.