È la più importante fra le “minoranze” religiose cristiane non cattoliche presenti in Italia. Piccoli quindi, ma tutt’altro che irrilevanti. Le Chiese metodiste e valdesi hanno concluso ieri a Torre Pellice (To) il proprio annuale sinodo: 180 deputate e deputati – 90 laici e 90 pastori, quasi la metà donne – eletti democraticamente dalle circa 150 comunità locali, si sono riuniti per una settimana per discutere e deliberare su questioni ecclesiali e su temi sociali (migrazioni, sanità, gestazione per altri, welfare) e tracciare le linee di impegno delle chiese per l’anno 2023-2024, quando i valdesi festeggeranno i loro «850 anni di fede e libertà».

CORREVA L’ANNO 1174, infatti, quando Valdo, ricco mercante di Lione, si converte, lascia i propri beni alla moglie e ai poveri, fa tradurre il Vangelo in lingua volgare e inizia a predicare, dando vita al gruppo dei “poveri di Lione”, in una fase storica in cui in tutta Europa nascono e si sviluppano fermenti religiosi riformatori contro una Chiesa romana ricca, potente e lontana dal messaggio evangelico di Gesù. Viene scomunicato e condannato dai pontefici perché, a differenza di Francesco d’Assisi – che pure aveva molti punti in comune con Valdo – non si sottomette all’autorità ecclesiastica. Inizia così la storia di un movimento che nel Cinquecento aderisce alla Riforma di Lutero e, in Italia, viene perseguitato fino al 1848, quando Carlo Alberto di Savoia concede ai valdesi le “lettere patenti”, ovvero la parità dei diritti e la libertà religiosa. Nel 1984, dopo aver attraversato la lunga stagione dei “culti ammessi” (frutto dei Patti lateranensi siglati nel 1929 fra Santa sede e fascismo), in epoca craxiana, arriva l’Intesa con lo Stato italiano e il pieno riconoscimento.

OGGI VALDESI e metodisti – che nel 1975 hanno firmato un patto di integrazione – sono quasi venticinquemila. Una Chiesa in «stabile decrescita», come sintetizzò una ricerca presentata a un sinodo di qualche anno fa. Ma che mantiene vivacità e apertura, anche su temi particolarmente sensibili e controversi, come per esempio quello della «gestazione per altri», che il governo guidato dalla madre cristiana Giorgia Meloni continua a chiamare «utero in affitto» e che vorrebbe «reato universale».
Proprio ieri, l’assemblea sinodale ha approvato un ordine del giorno in cui si esprime «grande preoccupazione per politiche che rischiano di mettere in dubbio o addirittura di revocare i diritti a bambini e bambine già nate» e si condannano le norme che la definiscono un «reato universale». Non si tratta di un’apertura generalizzata e indiscriminata, ma di un fermo no alla «criminalizzazione di qualsiasi forma di gestazione per altri» e soprattutto un invito alla riflessione.

«AUSPICHIAMO che nelle comunità vi siano sempre maggiore conoscenza e confronto etico per andare oltre gli stereotipi e i rischi di idealizzazione della maternità, la cui ricaduta ultima è rappresentata anche da espressioni svalutanti come “utero in affitto”», spiega al manifesto la pastora valdese Ilenya Goss, coordinatrice della Commissione per i problemi etici, composta da teologi, medici e scienziati delle chiese metodiste, valdesi e anche battiste. «Nel momento in cui si stabilisce per legge che l’unica maternità è quella “naturale”, si stanno privando le altre forme di genitorialità delle stesse garanzie – prosegue Goss –. Ma chi sono i genitori? Sono coloro che trasmettono il codice genetico? Oppure la persona che porta avanti la gravidanza e partorisce? O chi offre la cura? Io credo che nella cultura e nella società di oggi, le forme di famiglia e di legami affettivi dovrebbero comportare un ripensamento di diritti e garanzie anche di questi rapporti. Chi è il genitore? Colui che mette al mondo? O possono esistere riconoscimenti di altre forme? Si tratta di garantire diritti alle persone che istituiscono dei legami di cura e parentali. Ma se per legge questi legami non vengono riconosciuti, allora vuol dire che si ammette solo una forma e tutte le altre no».

SULLA QUESTIONE della gestazione per altri, la Commissione per i problemi etici ha elaborato un ampio documento che nelle prossime settimane verrà inviato alle singole comunità e che presumibilmente nel 2024 verrà discusso e approvato dal sinodo. Come negli anni precedenti è già accaduto per analoghi documenti sui temi del fine vita (scelta della morte volontaria «ammissibile in particolari situazioni») e delle famiglie plurali, con la possibilità della benedizione delle unioni omosessuali.

Il sinodo ha approvato un ordine del giorno anche in difesa del sistema sanitario nazionale pubblico, come bene da preservare e valorizzare, di fronte al suo continuo smantellamento e alla sua progressiva privatizzazione: le Chiese metodiste e valdesi chiedono un’inversione di tendenza e un rapporto fra Regioni e Stato che possa ridurre e non aumentare in divario fra nord e sud, come invece potrebbe fare il progetto di autonomia differenziata portato avanti dal governo.

LEGGERO CALO di firme e di fondi dell’otto per mille (ma cresceranno nei prossimi anni, in base ai dati anticipati dal Mef): 42 milioni di euro, che finanzieranno oltre 1.200 progetti umanitari, educativi, culturali e di aiuto allo sviluppo in Italia e all’estero (quasi 400), ribadendo la scelta di non spendere nemmeno un centesimo per il culto. Confermata alla guida della Tavola valdese – l’organo esecutivo – una donna, la diacona metodista Alessandra Trotta: un’altra peculiarità di una Chiesa aperta e plurale.