«Quando scrivi e canti fuori dal tuo tempo, ti localizzi al di là, e qualsiasi generazione futura può prendere i tuoi testi e trovarci somiglianze con la propria vita, nel momento preciso in cui li ascolta», dice Filippo Graziani, e introduce la figura di suo padre Ivan, il cantautore morto nel gennaio 1997.
Spiega, con queste parole, lo straordinario successo e l’affetto che ancora oggi porta migliaia di giovani ai suoi concerti, riempiendo le piazze e i teatri in cui ripercorre la discografia di suo papà, «un musicista – racconta – un artigiano la cui vita era ’prendere e andare a suonare’, e che aveva scelto di non vivere a Roma o Milano, ma a Novefeltria, in Appennino, e partire da lì per fare il suo lavoro».
LA CIMA PIÙ ALTA
Ivan Graziani era nato a Teramo il 6 ottobre 1945, all’ombra del Gran Sasso d’Italia («Grande Sasso, conserva il tuo mistero/e ogni sogno fatto lo vivrò davvero», scrive in una canzone dedicata alla cima più alta dell’Appennino), si era formato all’Istituto d’arte di Ascoli Piceno, all’ombra dei Sibillini, e aveva poi scelto di proseguire gli studi a Urbino, all’Accademia di Belle Arti.
La città dei Montefeltro fu la sua per tutta la vita, quella dove conobbe sua moglie, Anna Bischi, e iniziò la sua carriera di rocker, con l’Anonima Sound. È a Urbino, così, che a fine settembre è stato presentato il progetto Cavalieri nel vento, un lungometraggio che racconterà la storia di Ivan Graziani, le cui riprese inizieranno nella primavera 2020 (per almeno sei settimane la lavorazione sarà a Urbino, ma il set si sposterà anche intorno al Gran Sasso, a Ascoli, a Sanremo e a Milano).
«Questo film andrà a consolidare un percorso musicale: mio padre è scomparso più di vent’anni fa, ma ancora oggi la sua memoria è inossidabile e fresca nei fan, anche in quelli che contagiamo ai concerti, riproponendo le sue canzoni dal vivo», spiega Filippo Graziani. Un’ultima prova di quanto racconta l’ha avuta lo scorso 6 ottobre, a Teramo, come dimostrano le foto di piazza Martiri gremita in occasione della festa-concerto per festeggiare il compleanno di Ivan. La cifra del padre è «la sensibilità con cui descriveva la vita», ed è quella la misura reale del suo successo. Non cercava la classifica, non rincorreva Battisti o Baglioni, Dalla o Venditti. «Oggi non c’è selezione di X Factor in cui almeno un candidato non scelga di presentare una canzone di papà». Filippo Graziani firma il soggetto di Cavalieri nel vento con Paolo Logli: sceneggiatore, autore televisivo e teatrale, ha firmato decine di titoli per la fiction tv, spaziando dalle soap opera alle miniserie, ha lavorato per il teatro e per il cinema. «In un’epoca di cantautori molto ideologizzati – scrive Logli presentando il soggetto – Ivan era prima di tutto, e senza compromessi, un narratore di storie, dotato per di più di una corposa vena di ironia, cosa rara in quel periodo. Ritengo che la figura di Ivan vada raccontata per il disincanto leggero che ha messo nel guardare l’umanità e le sue piccole trasgressioni quotidiane, per la delicatezza e la dolcezza dei suoi ritratti, e perché no, anche per il veleno che a volte sapeva instillare».
RAPPORTI CREATIVI
Nato nel 1960, Logli ha avuto modo di conoscere e lavorare con Ivan Graziani, di sviluppare con lui «un rapporto creativo». Racconta: «Abbiamo fatto insieme la tournée Segni d’amore (anche titolo di un album antologico, uscito nel 1989, ndr), che ho scritto e di cui sono stato regista. In quel periodo lavoravo a Uno Mattina. Ricordo che il sabato mattina prendevo la Renault 5, lo raggiungevo a Novafeltria, e lì lavoravamo a questo spettacolo, che riproponeva alcune delle canzoni più importanti della sua carriera, ri-arrangiate».
A dedicare un film a Ivan Graziani, racconta Logli, «ci penso da sempre». In questo 2019, una serie di congiunture hanno offerto la possibilità di concretizzare il suo sogno. «Su tutto – spiega – due incontri importanti. Il primo è quello con Gianluca Carrabs (amministratore unico di Svim, Sviluppo Marche, ndr), motore dal punto di vista organizzativo e imprenditoriale, il secondo quello con Massimo Di Rollo, produttore associato del film; avevamo fatto insieme Il Pianeta proibito, un musical con Lorella Cuccarini. Quando dopo tanti anni ci siamo incontrati di nuovo, abbiamo chiacchierato un po’, e quando mi ha detto ’avrei voglia di mettermi a lavorare su un progetto esaltante, entusiasmante’, la mia risposta è stata immediata, ’io ce l’ho!’. Da quel momento ha iniziato a prendere forma Cavalieri nel vento».
Aggiunge il co-autore Filippo Graziani: «Tutto quello che viene descritto arriva e proviene dal racconto di mia madre. È lei che ci ha permesso di ricostruire tutto il periodo degli studi di papà, o di raccontare l’inizio della sua carriera di musicista. Abbiamo ricostruito il loro incontro, le prime esperienze, e tutto ruota intorno alla città di Urbino, che è stata la cornice importantissima di tutta questa vicenda umana».
Paolo Logli spiega che tutto il racconto si snoda lungo due binari principali, in una sorta di dialogo tra l’Ivan di vent’anni e quello di cinquanta (quando morì, ne aveva compiuti 51 da pochi mesi). Da una parte c’è il periodo di formazione: Ivan che sta studiando alla scuola di grafica, ed è un universitario come tanti altri, ma quando fonda il suo primo gruppo, l’Anonima Sound, diventa ben presto un mito, una sorta di cult a Urbino, e raggiunge così un tipo di successo che però a lui non basta. «In questa parte del racconto c’è anche l’ingresso di Anna nella sua vita. Inizia la loro storia d’amore», dice Logli.
È in quella stessa fase che nel 1967, con l’Anonima Sound, Ivan Graziani partecipa e vince il Festival di Bellaria, assicurandosi un contratto con una casa discografica e la possibilità di incidere e pubblicare il suo primo 45 giri, Fuori piove/Parla tu, che è il primo disco in cui Graziani è autore, chitarrista e cantante. «È quello è il momento in cui inizia la vita pubblica di Ivan, in cui diventa un cantante affermato – sottolinea Logli -. C’è poi, in Cavalieri nel vento, un secondo binario: lì c’è un Ivan ormai cinquantenne, che di fronte a un momento in cui fare bilanci, decide di partire per un suo personale pellegrinaggio verso il Gran Sasso, che è un simbolo. E metto in bocca al protagonista parole dette da lui, quando decide di partire, per qualche giorno da solo, con il suo quaderno di disegni e la sua chitarra acustica. In quel momento, Graziani si ri-accosta alle sue canzoni, disegna, ed è come se questi disegni evocassero le canzoni. Ci saranno, nel film, delle parti di animazione, che raccontano la grande avventura di una rockstar».
UNA PAGELLA
Gianluca Carrabs, guida Sviluppo Marche (Svim), una società della regione Marche che accompagna la produzione del film, evento che rappresenta anche un motivo di promozione del territorio, e che nel periodo di realizzazione garantisce un indotto economico al territorio urbinate. «Sono molto legato a Anna e Filippo, che ho conosciuto nel 2007, da assessore regionale alle politiche giovanili, quando istituimmo il Premio Pigro, dedicato alle band emergenti. A Urbino sono arrivato dall’Irpinia, come studente, nel 1995. Allora era facile incontrare Ivan Graziani che passeggiava sotto i portici, bere un caffè con lui, anche se era un musicista affermato. Per me è importante che questo lavoro valorizzi la sua opera intellettuale. Abbiamo trovato una pagella di Ivan, del periodo in cui frequentava l’istituto d’arte, a Ascoli. Spiccava il grande senso artistico: era un incisore, un pittore, un uomo poliedrico, e una figura molto legata alle Marche».
Il film si chiude con la voce di Ivan Graziani: «Noi amico mio vedremo un mondo migliore perché noi (cavalieri del vento) non moriremo (anche nella tempesta) mai…». È tratta da una canzone di trent’anni fa, Noi non moriremo mai, una delle dieci tracce di Ivangarage. Un altro verso dello stesso testo scatta una fotografia: «Sale la nebbia ad Urbino». La scenografia di una vita, la sua.