Cultura

Le infinite coordinate del mondo racchiuse nel percorso degli astri

Le infinite coordinate del mondo racchiuse nel percorso degli astriOrfeo circondato dagli animali incantati dalla musica della sua lira

Scaffale Lo studio di Danielle Jouanna «Vicino, lontano» edito da Carocci. Un itinerario dentro il sapere geografico dei Greci. Dove tutto ebbe origine

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 20 marzo 2021

Tra gli elementi più dannosi delle tante «riforme» scolastiche che si sono succedute anche in Italia negli ultimi decenni, uno dei meno discussi ma dei più gravi è il drastico ridimensionamento dello spazio dedicato alla geografia e alla storia, il cui duplice effetto è l’incapacità di orientarsi nel mondo e l’appiattimento sul presente, che rende sempre più difficile anche solo immaginare o sperare un futuro diverso rispetto a ciò che nel presente sta vincendo.

L’IMPORTANZA della conoscenza dello spazio nel tempo, e quindi della storia-geografia, è invece confermata dagli studi antropologici ed etnologici. Indagare «come i Greci vedevano il mondo», titolo originale di Vicino, lontano (Danielle Jouanna, Carocci, pp. 223, euro 19, traduzione di Marta Anna Rutigliano), aiuta a comprendere come le origini delle credenze religiose e della filosofia affondino nell’astronomia, nello sforzo di intendere il posto che l’orizzonte limitato del giorno ha rispetto alla vastità dell’orizzonte celeste e notturno. Lo spostamento degli astri guidava l’esistenza quotidiana degli agricoltori, tanto da far sì che per i contadini il cielo fosse più familiare dello stesso spazio terrestre posto al di là del proprio limitato orizzonte di vita.

Lo spazio, celeste o terrestre che fosse, fu per tutte le civiltà un mondo pieno di dèi, che al mondo davano senso, origine e sacralità. Un sentimento, questo, che sopravvisse alle pur profonde trasformazioni culturali, religiose, politiche nel millennio che va da Omero a Tolomeo. Il permanere dell’interesse verso le terre, i mari, il clima, i popoli, i confini, i luoghi, fu tale da poter dire che «la geografia è sempre stata una scienza essenzialmente greca».

ALESSANDRO IL MACEDONE non fu soltanto un soldato e un politico, fu anche un uomo mosso da una «insaziabile curiosità scientifica». Le sue imprese cambiarono certamente i rapporti politici tra l’Asia e l’Europa, diffusero la lingua greca e innestarono in essa una molteplicità di contributi, istituirono ovunque città e in esse biblioteche, alla più famosa delle quali – quella di Alessandria d’Egitto – si deve la conoscenza e la sopravvivenza della ricchezza culturale del mondo antico. Ma il contributo più profondo di Alessandro consistette nel passare da un mondo chiuso a uno spazio illimitato: «facendone comprendere l’immensità, Alessandro modificò radicalmente l’immagine del mondo, raddoppiando la superficie conosciuta della terra abitata».

FU TRA I GRECI che nacque il nome che designa il nostro continente. Nome che all’inizio del VI secolo indicava una zona ancora molto limitata. Delle tre parti che componevano la Grecia, un Inno ad Apollo chiama Europa il territorio continentale, distinto dalle isole dell’Egeo e dal Peloponneso. Già alla fine di quel secolo, invece, la Periegesi di Ecateo chiama Europa tutta la parte di mondo a ovest della Persia e quindi dell’Asia, sino alle Colonne d’Ercole, vale a dire allo stretto di Gibilterra. Una denominazione che vale tuttora.

POEMI, CARTINE, racconti meravigliosi e inverosimili costellano l’itinerario condotto da Jouanna dentro la cultura astronomica e geografica dei Greci. Un viaggio che, in alcune delle sue tappe, viene condotto con un atteggiamento positivistico, svalutando la funzione «scientifica» che i testi letterari svolgevano nella cultura greca. Il limite maggiore consiste in una visione assai riduttiva dell’indagine filosofica, alla quale si imputa in generale una scarsa concretezza e in particolare l’aver lasciato la ricerca cosmologica ai matematici e ai geografi, di fatto disinteressandosene. Affermazione smentita dalla stessa autrice quando riconosce che «alcuni filosofi stoici si sono a loro volta interessati anche di geografia e astronomia».

In realtà l’indagine sugli spazi del mondo e sui cieli rimase una costante di tutta la cultura greca e latina. In particolare la filosofia, dai pensatori arcaici a Lucrezio e Seneca, ha posto sempre al cuore della propria indagine l’esigenza di «avvicinare le cose lontane alla mente» (Parmenide, frammento 4, v. 1), di comprendere anche ciò che appare lontano, lo spazio immenso del mondo.

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