Oltre cinquemila seggi in 34 province per 9 milioni e 700mila elettori registrati, poco meno di un terzo dell’intera popolazione dell’Afghanistan.
Dovranno scegliere tra diversi candidati (3 si sono già ritirati ufficialmente, altri informalmente) alla carica di presidente in una campagna polarizzata sui due protagonisti principali: Ashraf Ghani e Abdullah Abdullah.

A sorvegliare il processo ci saranno, oltre agli osservatori internazionali che però non hanno accesso alla gran parte dei seggi, e ai tantissimi che rappresentano i candidati, 110mila funzionari dalla Commissione nazionale indipendente (Iec) che alla viglia del voto ha dichiarato che tutto è a posto, o quasi: sono infatti oltre 2000 i centri elettorali che resteranno chiusi per motivi di sicurezza, nonostante vi siano oltre 70mila uomini in divisa a garantire la libera scelta del voto. Ma non è l’unico neo.

Ci sono – tra gli stessi funzionari dell’Iec – preoccupazioni per il coordinamento e timori per il funzionamento dei dispositivi di identificazione biometrica, considerata l’unica conferma per validare il voto.
Introdotti nelle elezioni politiche dell’ottobre 2018, già allora hanno provocato ritardi, complicazioni, incertezze, occasioni per alterare i risultati.

Le frodi sono la grande certezza: dal rovesciamento dell’Emirato islamico d’Afghanistan governato dai Talebani, non c’è stata tornata elettorale che non sia stata viziata da brogli, urne riempite in anticipo o forzatamente, seggi chiusi con la violenza dei signorotti locali.

Processi favoriti dalla mancanza di trasparenza della stessa Commissione elettorale. E poi c’è la questione insicurezza. I Talebani.

Al netto di possibili attentati, la paura giocherà un ruolo chiave in un clima che molti osservatori indicano di grande sfiducia e disillusione specie dopo che il negoziato di pace tra gli americani e la guerriglia è naufragato. La posizione dei Talebani è chiara: «L’Emirato islamico dell’Afghanistan rifiuta tutte le elezioni all’ombra dell’occupazione e invita connazionali, personalità influenti e partiti politici a boicottare questo processo fraudolento perché servirà solo ad approfondire la crisi e nient’altro».

Un processo, scrivono ancora, col brutto precedente del 2014 quando «alla fine, tutte le votazioni sono state dichiarate nulle e il presidente è stato selezionato nell’ambasciata Usa e annunciato dal segretario di Stato americano…».