La sinistra del lavoro. La sinistra dei diritti. Alla fine del conteggio dei voti delle primarie dem in New Hampshire, la vittoria di stretta misura di Bernie Sanders su Pete Buttigieg era la replica rovesciata dell’esito dei caucus in Iowa una settimana prima.

Il candidato che si professa socialista e che ha una piattaforma elettorale con dichiarati punti programmatici di stampo socialdemocratico. E il giovane e dinamico sindaco di una cittadina del Midwest, South Bend, balzato alla notorietà dopo un editoriale elogiativo del New York Times dal titolo The First Gay President? Da una parte la vecchia America di sinistra che non ha mai trovato voce ai massimi livelli di rappresentanza politica, e che è oggi scopre un incredibile slancio nell’entusiasmo di tanti giovani attivisti; dall’altra, l’America dei diritti civili, aperta e plurale, in sintonia con le innovazioni del nostro tempo e fautrice del cambiamento ma con moderazione e pragmatismo.

NON C’È UN UNICO candidato che rispecchi e tenga insieme queste anime diverse e che non dovrebbero essere tra loro antagoniste, come in una certa misura, più nell’immaginario che nella realtà, era riuscito a fare Barack Obama. Non che Bernie sia indifferente ai temi posti in primo piano, in questi anni, dai movimenti per i diritti.

NÉ CHE Buttigieg li ponga in cima alla sua agenda rispetto a tutti gli altri. Ma di fatto, nella semplificazione narrativa dei media e dei loro avversari, dentro e fuori il Partito democratico, la loro caratterizzazione è quella del vecchio socialista e del giovane innovatore, impegnati in un irriducibile conflitto.

QUESTA FOTOGRAFIA, che viene dalle prime due tappe della corsa delle primarie dem, potrà essere cancellata o molto modificata nel suo prosieguo, già dalle prossime primarie in Nevada e nella Carolina del sud, ma intanto dà una prima inedita caratterizzazione della competizione democratica, che è molto diversa da quella delle previsioni e che, comunque, lascia un segno.

Prima che si partisse, si prefigurava una partita giocata secondo canoni classici, tra il favorito Joe Biden, espressione della vecchia tradizione centrista pigliatutto del Partito democratico, e Bernie Sanders, emblema di un progetto suggestivo, quasi utopico, eppure considerato pericoloso perché sostenuto da un candidato forte e organizzato, più temibile di quattro anni fa, dove pure arrivò quasi a essere incoronato lui sfidante di Trump.
Quello schema è saltato. L’opzione moderata sta inesorabilmente sfumando. Secondo un sondaggio Quinnipiac eseguito poco prima delle primarie in New Hampshire Sanders è a quota 25 tra gli elettori democratici e indipendenti, a livello nazionale, Biden lo segue a quota 17, e poi tutti gli altri.

SE LA COMPETIZIONE proseguirà lungo il tracciato definito dai voti risultati in Iowa e in New Hampshire, essa sarà dominata dallo scontro tra le “due sinistre”. Uno scenario che un’unica ma importante incognita potrebbe però ridisegnare: l’atteggiamento degli elettori African American, che potrebbero essere importanti in Nevada e South Carolina e poi soprattutto nelle primarie del super martedì 3 marzo, quando sarà eletto il 40 per cento dei delegati alla convention democratica.

NÉ SANDERS né Buttigieg godono di particolari simpatie nell’elettorato nero, il primo perché la sua formazione privilegia la lotta di classe su quella per l’affermazione dei diritti delle minoranze, tema che resta in cima alle attese dei neri. Il secondo, come sindaco di South Bend, ha attuato politiche per l’ordine pubblico che di fatto hanno penalizzato la popolazione di colore. Joe Biden era il loro candidato preferito, per il suo legame con Obama e perché appartiene alla tradizione democratica della “grande tenda” in cui si riconosce anche il grosso della comunità e della leadership nere. Peraltro dei sei candidati di colore che erano ai blocchi di partenza, è rimasta solo l’hawaiana Tulsi Gabbard.

Il New York Times riferisce che J. Todd Rutherford, esponente nero di spicco in South Carolina, si è detto pronto a dare il suo sostegno a Mike Bloomberg, avendo preso atto del declino probabilmente inarrestabile della sua prima scelta, Biden, e avendo considerato che tutti gli altri candidati non corrispondono alle aspettative degli elettori neri. Difficile però che la scelta di Rutherford, che in realtà è il desiderio evidente del New York Times, possa trovare gran seguito. L’ex-sindaco di New York non ha lasciato un buon ricordo con le sue affermazioni – e le sue politiche – ostili nei confronti dei suoi concittadini di colore.

PANORAMA dunque molto confuso, atomizzato, il che potrebbe essere fisiologico se dall’altra parte non colpissero le gesta di un avversario indubbiamente già molto forte. Il giorno prima delle primarie democratiche, nel gelo del New Hampshire, dodicimila persone, una folla in delirio, hanno accolto Donald Trump, una dimostrazione di forza e d’organizzazione da far paura.