Avesse avuto una qualche dimestichezza con l’eufemistico gergo della prima repubblica, con le formule astratte e reticenti del nostro gergo politico, Jurgen Klinsmann, interrogato dai giornalisti a proposito di un eventuale patto di non belligeranza fra Germania e Stati Uniti per l’ultima gara del girone G, allo scopo di garantirsi in tandem l’accesso agli ottavi di finale, avrebbe potuto cavarsela elegantemente ricorrendo all’immortale ossimoro delle «convergenze parallele». Invece, ignorando bellamente il paradosso con cui Aldo Moro si riferì all’occasionale e proficuo interesse reciproco di due partiti in lotta ad accordarsi su punti specifici pur mantenendo obiettivi diversi nel lungo periodo, l’allenatore tedesco degli americani ha respinto sdegnato ogni sospetto, assicurando il massimo impegno e la ricerca indefettibile della vittoria, come del resto iscritto nel Dna degli yankees. Tuttavia, anche il New York Times, nell’illustrare ai poco avvezzi lettori d’oltreoceano le possibilità di qualificazione degli Stati Uniti e quelli che devono apparire astrusi calcoli tipici del soccer, ha prospettato l’ovvio scenario di un mutuo e perverso incentivo delle due squadre a non farsi male, con tanti saluti al fair play e alla tanto conclamata sportività anglosassone.

Più banalmente, almeno tre fattori concorrono a incatenare al pareggio il pronostico del match di Recife, dove è atteso il solito tasso di umidità intorno al 90%. Anzitutto, la Germania, sulla carta molto più forte, conserverebbe il primo posto nel girone anche senza vincere. Secondo, a chi dispiacerebbe rispedire a casa il Portogallo, che schiera il temibile Cristiano Ronaldo, seppur finora in versione depressa, per non parlare delle sempre imprevedibili «stelle nere» del Ghana? Infine, come molti sanno, i tedeschi l’hanno già cucinato il «biscotto», nel 1982.

Dopo essersi trionfalmente qualificata al Mundial spagnolo, da campione d’Europa in carica, vincendo tutte le otto partite di qualificazione, con 33 gol segnati e solo 3 subiti, la Deutsche Mannschaft giunse alla sfida decisiva del girone iniziale nella necessità di vincere contro l’Austria, cui sarebbe bastato perdere di misura per sbarcare alla seconda fase. E così andò. Alla precoce rete di Horst Hrubesch, non seguì una partita, ma una cospirazione. Né tiri, né tackle, né dribbling, solo fraseggi inoffensivi e retropassaggi ai portieri: persino Eberhard Stanjek, allora telecronista delle partite della nazionale per la tv di stato, si sentì in dovere di stigmatizzare il comportamento della Germania, mentre il cronista austriaco invitò i telespettatori a spegnere e rimase in silenzio nell’ultima mezz’ora di gioco.

A farne le spese, allora, fu l’Algeria, che aveva clamorosamente sconfitto la Germania Ovest nella gara inaugurale e che il giorno prima dell’intrigo austro-tedesco aveva completato le partite eliminatorie battendo il Cile per 3-2, dopo essere stata avanti per 3-0. Come suo solito, la Fifa respinse ogni accusa di macchinazione, al termine di una formale inchiesta, ma dopo quell’ignobile precedente decise che l’ultima coppia di partite dei gruppi di qualificazione si sarebbe giocata in contemporanea. Il che ci riporta all’Algeria, che dopo 32 anni riassapora oggi concrete chance di passaggio al turno successivo, nella rassicurante condizione di essere stavolta padrona del proprio destino. Opposta alla Russia di Fabio Capello, che deve puntare alla vittoria per continuare il cammino mondiale, la selezione nordafricana viaggia sull’inerzia della roboante vittoria contro la Corea del Sud e non appare azzardato presagire un’ulteriore successo contro i finora asfittici russi. Dovesse invece pareggiare, l’Algeria sarebbe ugualmente promossa, a meno che la simultanea sfida fra il Belgio già qualificato e la Corea del Sud non veda quest’ultima vincente con almeno tre gol di scarto e di conseguenza promossa. Uno scenario che appare alquanto improbabile, alla luce del comportamento finora tenuto dalle due squadre e soprattutto per la presumibile intenzione del Belgio di mantenere il primato nel girone, che sarebbe invece a rischio nel caso di pesante rovescio.

Tutto lascia quindi presagire che negli ottavi di finale assisteremo a una riedizione del confronto fra Germania e Algeria, e chissà che non tocchi agli outsider maghrebini, motivati dal ricordo del complotto sopra ricordato, rompere le uova nel paniere agli uomini di Joachim Löw. L’allenatore friburghese, che fu vice proprio di Klinsmann sulla panchina tedesca ai Mondiali del 2006, sa bene che, nel caso, la tradizione non lo lascerebbe dormire fra due guanciali, come dimostrato dal sofferto pareggio contro la Tunisia nel 1978, dalla risicata vittoria contro il Marocco negli ottavi di finale della Coppa del mondo del 1986 o dal pareggio in rimonta di sabato scorso contro il Ghana. Per tacere, ovviamente, del precedente all’origine di questa storia.