Matteo Cavezzali è uno scrittore interessato alle storie della Storia che in pochi anni ha disegnato in quattro libri una sua originale fisionomia d’autore e uno stile che mischia reportage, ricerca storica e d’archivio alla scrittura d’immaginazione dal vero, una sorta d’invenzione partorita dalla logica dei fatti, e conseguenza della realtà.

PARTITO DA UNA BIOGRAFIA ibrida di un personaggio controverso della storia economica nazionale, il Raul Gardini di Icarus (minimum fax) del suo acclamato libro d’esordio, nelle ambientazioni a lui care (è nato e vive a Ravenna), poi con il romanzo corale e polifonico Nero d’inferno (Mondadori), la storia incredibile di Mario Buda, il ciabattino anarchico che fece saltare Wall Street per «assassinare il capitalismo», e la memoria di vita famigliare Supercamper (Laterza), ora torna con un libro di storie di disubbidienti, attentatori e ribelli, A morte il tiranno (HarperCollins, pp. 208, euro 18), nato da un podcast dal titolo analogo prodotto da storielibere.fm.

Si tratta di 11 godibilissimi racconti storici, tutti con un loro seducente plot, ricostruzioni di fatti del passato che hanno cambiato o avevano l’intenzione di cambiare il corso degli eventi a partire da un atto individuale di sfida e disobbedienza sfociato in violenza nei confronti di un tiranno, simbolo dell’oppressione del potere costituito.

AZIONI VIOLENTE, congiure, attentati, brutali agguati capaci di scatenare grandi conflitti bellici come l’uccisione di Francesco Ferdinando, principe ereditario al trono d’Austria e Ungheria ucciso insieme alla principessa Sophia dai colpi di pistola sparati dall’appena diciannovenne nazionalista serbo Gavrilo Princip, una morte la cui vendetta avrebbe fatto scoppiare la Prima guerra mondiale, oppure la bomba posizionata da George Elser che avrebbe potuto uccidere Hitler, al contrario un atto mancato.

Alcuni arrivano dall’antichità, come quando Bruto, «ribelle dall’anima di ferro» secondo Plutarco, uccise Cesare il 15 marzo del 44 a.C., altri come il ragazzo texano John Hincley Jr., alias Travis, ossessionato da Taxi Driver, sono nostri contemporanei, lui per fare colpo su una ragazza tenta di uccidere nientepopodimeno che il Presidente degli Stati Uniti d’America Ronald Reagan il 31 marzo 1981, sparando e colpendolo in pieno, il proiettile gli perfora il polmone sinistro e si ferma a quattro centimetri dal cuore.

CAVEZZALI non ricostruisce solo e con precisione di particolari gli eventi storici, gli intrecci geopolitici, i fatti nudi e crudi, ma soprattutto la drammaturgia, il clima, le diverse trame romanzesche piene di colpi di scena e personaggi che sembrano inventati dalla fervida immaginazione di un romanziere che si diverte a raccontare storie di azione da far invidia a una spy story. Ne disegna le fisionomie e i caratteri, come quello morboso di Guy Fawkes, il cattolico che il 5 novembre 1605 tentò di far esplodere il parlamento inglese, un papista fanatico e per indole ostinatissimo, mettendo insieme natura umana e contesto storico, movimenti politici, fazioni contrapposte e quella porzione di caso che a volte cambia irreparabilmente la traiettoria del destino di un popolo. Tra questi sovversivi ci sono anche due temibili anarchici, Luigi Lucheni, killer dell’imperatrice Sissi, e Gaetano Bresci, attentatore di Umberto I, appassionato di fotografia che girava con la sua fedele Kodak, ma che «oltre alla macchina fotografica e ai vestiti eleganti aveva però fatto un altro acquisto: una Harrington & Richardson a cinque colpi», e non a caso in inglese «sparare e fotografare si dicono nella stessa maniera» ci informa il narratore sarcastico, con un sottile retrogusto comico.

MA FORSE LA PIÙ FASCINOSA è l’aristocratica inglese Violet Gibson che sparò in faccia a Benito Mussolini pare sotto ipnosi, poi espatriata rinchiusa fino alla fine dei suoi giorni nell’ospedale psichiatrico St. Andrew’s a Northampton. Tutti hanno un comun denominatore, l’odio, che li spinge a una ribellione parossistica. Sono donne e uomini che vivendo in una società oppressiva, come ci spiega l’autore hanno solo due scelte: «sottomettersi alle autorità, e vivere serenamente, oppure ribellarsi, pagandone le conseguenze». Quasi sempre anche quelle tragiche.