Le Canarie rischiano di diventare la nuova Lesbo
Migranti Nel punto più a sud dell'Area Schengen va in onda un film già visto: sbarchi in aumento, migranti intrappolati, tensioni crescenti, nuovi campi profughi
Migranti Nel punto più a sud dell'Area Schengen va in onda un film già visto: sbarchi in aumento, migranti intrappolati, tensioni crescenti, nuovi campi profughi
Trasferire mille migranti «in continente» e mostrare con i dati che non esiste alcun allarme sicurezza. Sono le due azioni intraprese dalle autorità spagnole per provare ad allentare le crescenti tensioni che agitano l’arcipelago delle Canarie e in particolare l’isola di Gran Canaria. Situate poco più a nord del Tropico del Cancro di fronte alle coste del Marocco e vicino a quelle del Sahara Occidentale, questi spicchi di terra vulcanica che emergono dall’oceano Atlantico rappresentano la porzione più meridionale dell’Area Schengen.
«Sulle isole ci sono oltre 2mila minori stranieri non accompagnati e circa 9mila adulti, accolti in diverse strutture», ha dichiarato giovedì scorso Anselmo Pestana, delegato del governo spagnolo nella comunità autonoma. I numeri sulle presenze hanno accompagnato quelli sui reati: «diminuiti del 6% nell’ultimo quadrimestre del 2020, anche durante i mesi di maggiore pressione migratoria». 122 le infrazioni totali commesse da chi è sbarcato, la metà per documenti falsi.
Sbarco a Gran Canaria (Ap)
Il chiarimento è diventato necessario per contrastare la circolazione di fake news. Con il moltiplicarsi di falsi allarmi e accuse di violenza, spesso contro le donne, non verificate dalle autorità, sono aumentate le visualizzazioni di video controversi in cui si vedono scene di tensione tra migranti e residenti. Uno sarebbe stato girato a Napoli. Pestana ha puntato il dito contro il partito di estrema destra Vox che sulle isole tropicali come nel parlamento madrileño soffia sul fuoco del malcontento.
Nel 2020 la rotta migratoria atlantica ha registrato un boom: +756,8% di arrivi rispetto al 2019, per un totale di 23.023 persone (fonte: ministero dell’Interno spagnolo). A loro bisogna aggiungere i 1.815 che, secondo la Ong Caminando Fronteras, hanno perso la vita in 45 naufragi. Per gli esperti le cause dell’impennata sarebbero diverse: gli effetti economici e sociali della pandemia nell’Africa occidentale; le crescenti difficoltà di percorrere altre rotte migratorie dirette in Europa; gli interessi politici del vicino Marocco.
I numeri del rapporto di Caminando Fronteras
Da dicembre scorso, poi, il governo spagnolo ha reso più difficile lasciare le isole e raggiungere il continente, iniziando a controllare porti e aeroporti. Per evitare i movimenti interni si è servito anche delle norme di contrasto al Covid-19. Sul territorio spagnolo, infatti, grazie alla legge sull’asilo del 2009 e a importanti pronunciamenti dei tribunali i richiedenti asilo hanno diritto di libera circolazione dopo le 72 ore necessarie all’identificazione.
Il tappo ha contribuito a fare aumentare le tensioni in un territorio che anche a causa del crollo dei flussi turistici vive crescenti difficoltà economiche. Da febbraio 2020 a gennaio 2021 i disoccupati sono passati da circa 200mila a 279.230 (dati: Istituto canario di statistica). Una persona su quattro non ha lavoro. I migranti rischiano così di diventare il capro espiatorio perfetto di una situazione esplosiva.
Un barcone davanti a Gran Canaria (Ap)
Nelle scorse settimane si sono registrate tensioni e proteste a Las Palmas, capitale di Gran Canaria, nei quartieri di El Lasso e Las Rehoyas, dove la presenza di chi è sbarcato recentemente si mischia a un malessere sociale di lungo corso. Moltissimi altri abitanti, però, hanno condannato pubblicamente gli episodi di razzismo, ricordando che le Canarie sono storicamente terra di emigrazione e accoglienza (oltre 2.700 hanno anche firmato una petizione in tal senso).
Sulle isole spagnole sta andando in onda un film già visto. L’Ue scarica i flussi migratori sugli stati periferici, o su quelli oltreconfine, e questi fanno lo stesso con i territori di frontiera. Anche in mezzo all’Atlantico sono arrivate le immancabili tende bianche in cui nascondere i rifugiati. Come quelle montate da tempo a Lesbo, Chio, Samo e lungo la rotta balcanica. «Non vogliamo diventare isole-carcere», ripetono attivisti per i diritti umani e politici locali.
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