Ormai non passa giorno senza che venga diffuso un dato negativo per chi lavora: ieri è toccato alle retribuzioni, che in giugno hanno visto il loro aumento più basso negli ultimi 30 anni. Sono cresciute dell’1,2% (che è comunque quattro volte l’inflazione, pari allo 0,3%), secondo quanto certificato dall’Istat. Certo poco per dire che saranno le buste paga dei nostri concittadini – per quanto rafforzate dagli 80 euro renziani – a farci uscire dalla crisi.

Poco soprattutto se si pensa che tantissimi lavoratori il rinnovo lo vedono con il cannocchiale, ben lontano nel passato: gli unici ad aver firmato un contratto, tra quelli monitorati dall’Istat, sono stati i giornalisti. E con un impianto, peraltro, criticatissimo da parte dei precari.

Insomma, verrebbe quasi da dire che è un bene che questi numeri siano arrivati alla vigilia dell’ultimo weekend di luglio: molti sceglieranno di distrarsi, in montagna o al mare, per non pensare alle proprie buste paga.

Sicuramente dovranno distrarsi i lavoratori del pubblico impiego, la categoria per cui la firma sotto un accordo è ormai un documento preistorico: i loro stipendi sono fermi dal 2009, quindi ci avviamo ormai verso i 6 anni senza incremento. Come bloccati sono gli integrativi e istituti come il salario accessorio.

Pubblici che in qualche modo fanno trend, indicano anche al privato una direzione: le imprese sono infatti parecchio restie a rinnovare i contratti – a meno che poche decine di euro non si barattino con forti aperture sulla “flessibilità”. Esempio principe, il rinnovo alla Fiat, criticatissimo per l’ormai mitologica offerta di 15 euro mensili.

L’Istat dunque ci informa che, alla fine di giugno, i dipendenti in attesa di un rinnovo erano il 61,4% dell’intera economia, e il 50,1% nel solo privato. L’attesa media è di 30,3 mesi per l’insieme dei dipendenti e di 16,5 mesi per quelli del settore privato (come si vede, il lavoro pubblico alza parecchio la media, fino a raddoppiarla).

Facile, in questo contesto, comprendere il successo – almeno sul piano comunicativo – del bonus fiscale renziano: 80 euro è meglio di niente in qualsiasi situazione, ovvio, ma se si pensa alla particolare debolezza dei salari italiani, e al fatto che Cgil, Cisl e Uil faticano a ottenere una firma delle imprese sotto un accordo, quell’”aumento” erogato dal governo prende tutto un altro sapore. E, soprattutto, sostiene la campagna anti-sindacati animata dallo stesso premier.

Così Marianna Madia, la ministra della Pubblica amministrazione, ha avuto buon gioco, con l’approvazione degli 80 euro, nel presentarli come una sorta di contratto già firmato. Come dire: evitiamo i soliti rituali, i tavoli, le nottate, tanto un bell’aumento lo avete già avuto. Ragionamento respinto dai sindacati, e subito derubricato dalla stessa Madia, ma che comunque ha aperto una breccia nella storia delle relazioni sindacali italiane. Il “nuovo” renziano, in qualche modo, si vede anche qui.

I sindacati continuano a invitare l’esecutivo guidato da Renzi a sedersi a un tavolo per rinnovare finalmente i lavoratori del pubblico impiego: il che farebbe forse da traino anche per gli altri. «Il datore di lavoro è il governo, che fa finta di niente e pensa che ancora si possa reggere – dice Antonio Foccillo, segretario confederale Uil – Chiediamo per l’ennesima volta di rinnovare i contratti. Non si può continuare a chiedere sempre più prestazioni e attuare continue penalizzazioni nei confronti di questi lavoratori».

Vanno citati però anche gli esempi controcorrente, di aziende che vanno bene e che inoltre firmano ottimi rinnovi (aziendali) con i sindacati: è notizia di ieri che la Ferrero (il gruppo delle merendine e della Nutella) ha siglato un integrativo di 6 mila euro con Flai, Fai e Uila. L’intesa, più precisamente, prevede un premio variabile di 6.075 euro sui prossimi tre anni che, a regime, porterà a un aumento di oltre il 13% rispetto a quanto previsto dall’ultimo integrativo.

Intanto ieri sono arrivati nuovi dati sul piano Garanzia giovani, presentato dal ministero del Lavoro come una sorta di volano che dovrebbe rilanciare l’occupazione under 30: gli iscritti sono 138.083, in corsa per 8.733 posti di lavoro. Sono già stati convocati per un incontro 21.136 ragazzi, e 9.164 hanno già ricevuto il primo colloquio di orientamento.

Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha ribadito che la settimana ventura porterà il nodo della cassa in deroga – per cui mancano 1,2 miliardi – in consiglio dei ministri. I fondi – ha aggiunto – potranno venire da risorse destinate ad attività «che poi non si sono realizzate».