Cambia l’economia, muta anche il paesaggio urbano. Contrordine, non è più vero che nei grandi centri urbani aprono solo banche e nient’altro che banche. Anzi, è in corso una vera “rottamazione” generalizzata che coinvolge le più grandi banche italiane che hanno deciso di chiudere 1.500 sportelli nel giro di tre anni. Uno smantellamento che, visti i precedenti, rischia di trasformarsi in un “problema” anche per i lavoratori che guardano con preoccupazione questo esperimento di “razionalizzazione”. Insomma, sono finiti i tempi in cui il posto fisso in banca faceva felici la mamma e il papà (e anche il figlio finito dietro lo sportello).

Dal 2007 il sistema bancario italiano aveva già sfoltito circa 800 sportelli passando da 32.800 a 31.900 (dato Banca d’Italia). La nuova sforbiciata è dovuta alla crisi economica che allontana i cittadini dalle banche e insieme alla crescita delle transazioni online. Soprattutto il ruolo del web è stato decisivo nei centri urbani, mentre resistono ancora le piccole filiali attive nei paesi e frequentate soprattutto da una popolazione anziana poco abituata a smanettare sul computer.

Ormai i piani industriali di grandi banche come Intesa, Unicredit e Mps sono orientati verso uno sportello con meno operazioni di “cassa” e più consulenze, operazioni rivolte a chi deve aprire un mutuo o chiedere finanziamenti. Entro il 2017, per esempio, Intesa Sanpaolo intende passare da 4.100 a 3.300 sportelli (nel 2007 erano 6.100, quasi il doppio). Unicredit da qui al 2018 chiuderà 500 dei suoi 4.100 sportelli, mentre Mps 200 degli attuali 2.300.

Per la serie anche i ricchi piangono, le banche si lamentano per gli alti costi per riconvertire il “negozio”, smantellare il caveau, o per la rescissione del contratto di affitto di solito molto costoso. Vorrà dire, come già sta accadendo in molte città, che le attività commerciali che subentreranno si faranno piacere vetri antiproiettile e ingressi super blindati.

Il cambiamento di pelle, come è naturale, sta preoccupando il sindacato dei bancari visto che dal 2000 al 2013 sono già “usciti” 48 mila lavoratori del settore. Il sindacato è disposto ad accettare l’innovazione e il cambiamento, ma fino a un certo punto. “Fino ad ora – ha detto Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi – la chiusura degli sportelli ha prodotto degli esuberi per il personale di banca. E’ vero che le operazioni bancarie allo sportello sono diminuite del 40% negli ultimi due anni ma bisogna spingere sulla riconversione del personale con nuove attività, nuovi mestieri, un nuovo modello bancario”.

Per Sileoni le banche non dovrebbero smobilitare ma rilanciare un nuovo modello più attento al territorio: “E’ necessario che le banche abbandonino le vecchie politiche e che, invece, amplino la gamma di servizi, puntando, oltre che sulla tradizionale attività creditizia, anche sull’offerta di consulenze specializzate in materia assicurativa, pensionistica e fiscale”.