Almeno la simbolica occupazione dell’affollata area partenze verso l’Isola d’Elba c’è stata, anche se solo per una manciata di minuti. La mossa ha reso visibile e dato dignità allo sciopero degli operai Lucchini, convinti dai sindacati locali a fermarsi per sole tre ore. Nonostante lo stato preagonico delle Acciaierie, in amministrazione straordinaria e con il rischio di un imminente stop dell’altoforno, e a cascata dell’intera area a caldo.

La decisione di Fiom, Fim e Uilm piombinesi di dare vita a una protesta “morbida” ha fatto discutere. Tanto che un nutrito gruppo di tute blu arrivate in corteo fino al porto – un migliaio i manifestanti complessivi – voleva bloccare le banchine turistiche almeno fino all’ora di pranzo. A dissuaderli i delegati sindacali, e soprattutto la massiccia, inconsueta presenza di forze dell’ordine. Che sono state mobilitate come se lo sciopero degli operai Lucchini, accompagnati anche da delegazioni di tute blu della Magona e della Sol, rappresentasse di per sé un azione para-eversiva.

Eppure bastava ascoltare le voci operaie, che con pacatezza raccontavano la loro sofferenza di fronte al desolante scenario di un enorme sito produttivo lasciato andare in malora, per capire quanto il governo “del fare” stia sbagliando la strategia di (in)azione sul secondo gruppo siderurgico italiano. “Di questi tempi dovrei sentirmi un fortunato perché ho ancora un contratto ‘vero’ – ha spiegato un operaio al Tg3 toscano – ma ho tre figli e non so che fine farò quando alla fine di settembre chiuderà l’altoforno”.

Anche Fiom &c. sono allarmati. “Il commissario straordinario Nardi ci ha presentato cinque progetti – riepiloga Vincenzo Renda della Uilm – nessuno di questi offre buone prospettive di lavoro”. “Noi chiediamo di non fermare l’altoforno – spiega Luciano Gabrielli della Fiom – e che si avvii una sinergia con l’Ilva di Taranto: il governo convochi i due commissari Bondi e Nardi per un accordo che ci possa dare respiro fino al 2015, e consenta di lavorare a un nuovo progetto, come il sistema Finex di produzione più “pulita” di acciaio”. La stessa richiesta fatta in contemporanea a Roma dagli enti locali toscani al ministro Zanonato e al sottosegretario De Vincenti. Che si sono impegnati a “verificare” un possibile accordo con l’Ilva. Senza mai accennare a una politica industriale complessiva per il, pur strategico, settore della siderurgia italiana.