La lettura dei dati non è una scienza esatta – o meglio, dipende molto dall’occhio di chi la pratica. Prendiamo le cifre pubblicate in questi giorni dall’Associazione italiana editori sulle vendite di libri nei primi mesi del 2022 in base alle rilevazioni di «Nielsen BookScan». I pessimisti troveranno motivi per rattristarsi, perché tra gennaio e maggio l’editoria italiana di varia (cioè la produzione che si trova in una libreria generalista, esclusi quindi i testi scolastici, giuridici o aziendali) ha subito, rispetto ai primi cinque mesi del 2021, una flessione innegabile: – 4,5%, se si guarda al fatturato, e – 3,6% sul numero di copie. In cifre, si sono persi 27 milioni di euro e 1,4 milioni di copie vendute. E a maggio il calo è pure più evidente: – 8,6% a valore e – 8,2% a copie rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Gli ottimisti però potranno ribattere che rispetto ai primi cinque mesi del 2019, prima della pandemia, le vendite sono cresciute del 15,3% a valore e del 15,8% a numero di copie – segno che la passione per la lettura sviluppata al tempo della clausura non è evaporata con il ritorno (speriamo duraturo) della socialità in presenza.

È presto per capire chi avrà ragione, ma quel ch’è certo è che oltre Atlantico gli ottimisti possono brindare senza timori: nel 2021 le copie vendute negli Stati Uniti sono state quasi 827 milioni, un notevolissimo + 10% rispetto al 2020 e addirittura un record assoluto da quando, una ventina di anni fa, «NPD BookScan» ha avviato le rilevazioni. E invece no: anche negli Usa «la situazione è meno rosea di quanto possa apparire», scrivono Alexandra Alter e Elizabeth Harris sul New York Times, perché «è sempre più difficile vendere libri di autori nuovi o meno conosciuti». A volte un best-seller inatteso riesce a farsi largo fra i nomi degli scrittori affermati o delle celebrità, ma «la maggior parte degli autori non riesce a trovare il grande pubblico: dei 3,2 milioni di titoli monitorati da «BookScan» nel 2021, meno dell’1% ha venduto più di 5mila copie». (In Italia a questo dato sarebbe necessario togliere uno o più probabilmente due zeri).

Secondo Alter e Harris la causa va cercata nella trasformazione delle abitudini di lettrici e lettori che, informandosi e acquistando online, non hanno più il piacere di individuare per caso un titolo sconosciuto sul banco della libreria – teoria in parte forse fondata, ma che non tiene conto di com’è cambiata l’editoria negli ultimi trent’anni.
In ogni caso, da tempo negli Stati Uniti c’è chi tenta «di riprodurre online la serendipity di entrare in una libreria e scoprire nuovi libri e autori». Nel caso di Bookfinity, a chi si iscrive viene sottoposto un test sui risultati del quale verranno dati consigli mirati di lettura, mentre Booqsi si presenta come «una piattaforma social per la comunità dei lettori» e Copper punta a far incontrare i lettori con autrici e autori.

Ma la vera novità, per Alter e Harris, è «Tertulia», un’app lanciata nei giorni scorsi (per ora solo su Apple Store), che già dal nome – in spagnolo, una riunione informale di persone interessate a un certo tema, intorno al quale discutono e condividono idee e opinioni – denuncia le proprie ambizioni: diventare una sorta di salotto letterario online, grazie «a una combinazione di intelligenza artificiale e intervento umano».
Un esperimento da seguire, anche se si è tentati di dare ragione a Kristen McLean, dirigente presso «NPD Books», che, interpellata da Alter e Harris, non nasconde il suo scetticismo: «Il problema è nel settore. Forse che le persone ogni giorno si svegliano pensando ‘Ho bisogno di uno strumento che mi aiuti a trovare libri’? La risposta è semplice: no».