«Per ottenere consenso, la leadership dell’Azerbaigian ha deciso di riconquistare alcuni territori, perduti in questi decenni, e rafforzare la propria posizione in previsione di un ritorno ai negoziati. In realtà, ventisei anni di negoziati non hanno portato risultati. Per questo, la popolazione ha fatto pressione sul proprio governo che ha optato per una soluzione militare per obbligare l’Armenia a tornare al tavolo delle trattative sul Nagorno Karabakh. È questa la causa scatenante della crisi in corso che ha già portato i suoi risultati: in questo momento i sondaggi mostrano un alto consenso della popolazione azerbaigiana verso il proprio governo». È con queste parole che lo storico azerbaigiano Altay Goyoshov, al telefono da Baku, commenta la crisi in Nagorno Karabakh. Noto dissidente politico, è direttore del think tank indipendente Baku Research Institute.

 

 

Quali sono gli attori internazionali coinvolti nel conflitto per il Nagorno Karabakh?

Nel 2016 l’Azerbaigian aveva perseguito una soluzione militare, ma Mosca aveva obbligato Baku a fermare la propria avanzata: i russi hanno una base militare in Armenia, e Yerevan è membro dell’alleanza difensiva nota come Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva creata dalla Russia. Nonostante l’alleanza militare con l’Armenia, Mosca ha comunque mantenuto buoni rapporti anche con la leadership dell’Azerbaigian. In questo contesto, la novità è il ruolo della Turchia: è linguisticamente vicina all’Azerbaigian, con cui ha un rapporto speciale, ed è stata sempre dalla parte degli azerbaigiani, ma oggi si rileva un sostegno ben più deciso che in passato. Questa vicinanza si spiega con le difficoltà del presidente turco Erdogan a causa della pandemia e della recessione: ha bisogno di distogliere l’attenzione dai problemi interni e di mostrarsi come strenuo difensore della causa turca al di là dei confini della Turchia.

Le organizzazioni internazionali possono contribuire a una risoluzione del conflitto?

Sono quasi trent’anni che gli Stati che presiedono il Gruppo Minsk dell’Osce portano avanti i negoziati tra Armenia e Azerbaigian, ma i fatti recenti dimostrano che soltanto la Russia e la Turchia hanno accesso diretto alla regione. Mosca sottolinea il proprio impegno al Gruppo Minsk, mentre la Turchia lo critica fortemente. Penso che il Gruppo Minsk continuerà ad essere il maggiore interlocutore internazionale nei negoziati ma, tenuto conto delle recenti ostilità, dovrà dimostrarsi più attivo.

Dopo secoli di dominazione persiana, nel 1828 il Caucaso meridionale entrò a far parte dell’Impero russo. Lei ha insegnato Storia dell’Azerbaigian all’Università Statale di Baku: in quale misura la Storia spiega il conflitto in corso?

In seguito alla rivoluzione bolscevica e durante la Prima guerra mondiale, l’Armenia, l’Azerbaigian e la Georgia dichiararono l’indipendenza dalla Russia. Era il maggio 1918. Tutte e tre le repubbliche avevano dispute territoriali con le altre, e questo diede avvio alle ostilità. Nel 1919 l’Azerbaigian e l’Armenia firmarono un accordo promosso dalle autorità militari statunitensi e britanniche nella regione. In base a questo accordo, le dispute territoriali dovevano essere risolte da un tribunale internazionale. In quel momento, il Karabakh era sotto il controllo dell’Azerbaigian. Nel 1920 l’Azerbaigian divenne però Repubblica sovietica e lo stesso accadde per l’Armenia. In seguito, nel 1922 fu creata la Repubblica sovietica transcaucasica che divenne uno dei membri fondatori dell’Unione sovietica. Includeva Armenia, Azerbaigian e Georgia, che quando fu dissolta nel 1936 diventarono membri dell’Unione sovietica. A quell’epoca la parte montana del Karabakh era abitata da una maggioranza armena e divenne un distretto autonomo della Repubblica sovietica dell’Azerbaigian. Dopo il collasso dell’Urss sono riemerse le tensioni, anche militari, tra armeni e azeri per il Nagorno Karabakh: gli armeni del Karabakh volevano separarsi dall’Azerbaigian e l’Azerbaigian ha lottato per mantenere la propria integrità territoriale. Nel 1994 fu raggiunto un cessate il fuoco e per risolvere le dispute fu creato il Gruppo Minsk dell’Osce presieduto da Francia, Russia e Stati uniti. In quel momento l’Azerbaigian aveva perso il controllo non solo del Nagorno Karabakh ma anche di sette distretti adiacenti abitati da azeri che, a centinaia di migliaia, divennero sfollati. Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha chiesto alle forze armene, con quattro diverse risoluzioni, di ritirarsi dai territori occupati adiacenti al Nagorno Karabakh, ma non è servito.