Ci sarà un summit tra Trump e Putin nei prossimi mesi. Lo conferma anche uno degli assistenti del presidente russo, Yurij Ushakov, dopo le indiscrezioni circolate sulla stampa americana. In una recente telefonata tra i due leaders «Trump ha proposto un incontro a Washington» ha dichiarato Ushakov. La risposta di Putin non c’è ancora ma è scontato che sarà positiva. Resta il problema delle tempistiche: si è parlato della seconda metà dell’anno che in un momento così teso delle relazioni internazionali, è come parlare di ere zoologiche.

NELLA QUOTIDIANITÀ i rapporti tra i due paesi restano pessimi. Il ministero degli esteri russi ieri ha «inoltrato all’ambasciata Usa di Mosca una ferma protesta per la mancata concessione del visto ad atleti russi di lotta libera che avrebbero dovuto partecipare a una manifestazione sportiva». Si tratta, per un decano della diplomazia come Sergey Lavrov di una situazione nei rapporti tra gli Stati «peggiore di quanto non fosse nella classica guerra fredda, perché allora si osservava un certo decoro». Per Lavrov «ora gli occidentali ricorrono apertamente alle menzogne, alla pura e semplice diffusione di fake news». Anche le relazioni tra Londra e Mosca restano a livello bassissimo. Dopo la perquisizione di Scotland Yard del velivolo Aeroflot in partenza venerdì scorso da Londra l’ambasciatore russo Alexander Yakovenko ha invitato i russi che si recano in Gran Bretagna a controllare e sigillare i bagagli perché «la provocazione è nell’aria».

UN’ACCUSA PESANTE seguita a un improbabile scoop del Sun secondo cui il gas nervino che ha avvelenato Skripal sarebbe stato trasportato a Londra in una confezione di grano saraceno da un’amica di Yulia Skripal la quale – guarda caso – lavorerebbe in un’azienda farmaceutica. Per Zacharova, portavoce di Lavrov, ormai per l’Occidente «tutti i metodi sono buoni». Per raggiungere quali fini? «Boicottare e mettere in cattiva luce i mondiali di calcio della prossima estate in Russia. Questo è l’obiettivo principale» ha affermato convinta la funzionaria governativa. Ma non solo: «la provocazione di Salisbury» è anche uno strumento per escludere la Russia dalla partecipazione alla «discussione sulla questione delle armi chimiche in Siria», ha sostenuto Zacharova.