Arriva a Roma (all’Eliseo fino a domenica 20 maggio) La cucina di Arnold Wesker, messa in scena per il teatro di Genova (che ne è produttore) da Valerio Binasco. Che nel frattempo ha preso la responsabilità artistica dello stabile di Torino, con la gioia dei molti che dalla sua bravura (di attore oltre che di regista) attendono ora una sua presenza più organica e significativa sulle scene italiane. La cucina è un grande affresco corale di quel luogo simbolo di comunità che è un ristorante. Una struttura grande, capace ad ogni pranzo di servire più di mille coperti, cui attendono ognuno nelle proprie funzioni un piccolo esercito di hostess, camerieri, chef, pasticceri e inservienti a vario titolo. Un piccolo esercito di «personale», attraverso le cui vicende, i rapporti e il «lavoro» (si può ben dire), l’autore disegna un mondo intero.

 

Del resto Wesker, drammaturgo e scrittore scrisse quel testo nel 1957, nel momento aureo dei «giovani arrabbiati» inglesi. L’anno prima John Osborne aveva spostato con Ricorda con rabbia l’obbiettivo del teatro dai toni felpati di borghesia e aristocrazia anglosassoni, su una casa di operai. Wesker allarga lo zoom a un’intera comunità di lavoratori, appunto la cucina di un ristorante, trasformando in protagonismo e orgoglio quella che era l’accusa degli ambienti conservatori alla nuova scena londinese, definita sprezzantemente kitchen-sink drama (drammaturgia del lavandino di cucina!).

Binasco allarga intelligentemente la commedia a oggi, trasformando molti di quegli «sguatteri» in persone arrivate profughe da ogni parte Con qualche stridore solo ogni tanto. Perché se il naturalismo è bandito dalla rappresentazione (non ci sono ingredienti né fornelli accesi mentre le preparazioni sono mimate come si conviene), gli accenti e gli idiomi dialettali ogni tanto prevaricano, evocando i pericoli di un film di Abatantuono.Ma sono solo impressioni, vince su tutto la vitalità coordinata dei venti giovani interpreti e il loro rapporto con il lavoro e con gli altri, senza retorica. Il pubblico applaude, contento anche di sfatare l’assedio demenziale dei masterchef in agguato ovunque.