Il settore pubblico è stato allo stesso tempo il più colpito dall’austerità e quello di cui esistono meno dati sulla sua composizione e sugli effetti delle politiche stesse.
L’unico strumento è il Conto annuale economico della Ragioneria generale dello stato nel quale però alcune classificiazioni sono carenti e incomplete rispetto soprattutto all’esplosione del precariato. Per questo motivo la Funzione pubblica della Cgil e la Fondazione Di Vittorio hanno deciso di creare «Il primo report annuale sull’occupazione nelle pubbliche amministrazioni» che arriva proprio nel momento in cui ogni singola amministrazione è alle prese con la costruzione del «fabbisogno» da cui dipendono poi le assunzioni e le stabilizzazioni previste dalla riforma Madia.
Il rapporto curato da Marta Fana, ricercatrice alla SciencesPo di Parigi, disegna una pubblica amministrazione impoverita, invecchiata e precarizzata.
Se dal 2001 al 2015 si sono persi il 18 per cento dei posti di lavoro (75.368 unità) sostituiti in parte solo con una crescita del part time (29.498 unità) di ben l’85 per cento, quasi tutto femminile (e involontario). Passando ai comparti il calo più forte si è registrato negli enti locali mentre la sanità (settore principale col 42 per cento degli occupati) ha registrato un calo del 5 per cento dell’occupazione stabile ma un boom dei contratti precari.
Risultati figli del blocco del turn over operato dal 2008 e della contrattazione (dal 2008 fino al 2017) che però non hanno prodotto i risparmi ricercati dai vari governi succedutisi: «la spesa per macro aggregati è aumentata».
Guardando al futuro prossimo l’urgenza di sbloccare il turn over e tornare ad assumere è ancora maggiore. emerge che a fine 2016 nelle funzioni centrali i lavoratori con più di 60 anni di età erano 124.737, in sanità 230.057 e 199.692 in quelle locali. «Possiamo ragionevolmente prevedere – si legge nel report – che circa il 40 per cento dei lavoratori dei tre comparti presi in esame nei prossimi 3-6 anni potrebbe raggiungere i requisiti per la pensione», facendo della Pa un settore con età media molto più alta del privato. Da qui la stima previsionale: «Per mantenere almeno l’attuale livello dei servizi e delle prestazioni nella pubblica amministrazione è necessario assumere nei prossimi 3-6 anni 500mila lavoratori».
Dalla stabilizzazione prevista dalla riforma Madia sono però esclusi i 10mila lavoratori in somministrazione, come denuncia il segretario generale Nidil Cgil Claudio Treves.
«Per contrastare il precariato nei contratti appena sottoscritti abbiamo previsto una soglia del 20 per cento delle varie tipologie rispetto al totale degli occupati», sottolinea il segretario generale Fp Cgil Serena Sorrentino.