La lettura dei quotidiani di ieri gridava vendetta. A parte la censura quasi totale sullo sciopero generale, a Cgil e Uil è arrivato un pugno in un occhio dagli articoli che riprendevano una «velina» del Mef sugli effetti della manovra. Mandata solo ai giornali più grandi, le slide di via XX settembre puntavano a mostrare come i ceti bassi fossero favoriti dalla legge di bilancio.
Ma già i grafici rivelavano la difficoltà dell’impresa. Oltre agli effetti dell’intervento fiscale – a ieri mattina ancora non presentato in parlamento e dunque non pubblico – venivano sommati l’assegno unico per i figli e perfino il «bonus Renzi» e quello «Conte e Gualtieri» (sic). Già gli istogrammi pubblicati mostravano impietosamente come sopra i 40 mila euro l’anno i benefici erano tutti della «legge di bilancio 2022» che invece calavano miseramente per i redditi dagli 8.174 euro (fine della no tax area) fino a 35mila.
Ancor più improbabili le composizioni familiari che il Mef utilizzava per raffrontare i benefici per le varie fasce di reddito: i figli sono sempre due – alla faccia della denatalità – a conferma dell’incidenza dell’assegno unico.
Dal palco di piazza del Popolo le «falsità mediatiche» sono state smascherate. «Nonostante le stime farlocche del Mef, il vantaggio per i redditi fino a 20 mila euro l’anno è uguale a chi ne guadagna da 90 a 200 mila: sempre 200 euro», ha attaccato Bombardieri, denunciando come «interventi e detrazioni una tantum per il 2022 non riguardano i lavoratori part time e precari», dunque i più deboli.
«In quelle stime parlano sempre di percentuali ma un lavoratore lo vede subito in busta paga che l’effetto è di 6-7 euro, pari al vantaggio per chi ha redditi cinque volte superiori», gli faceva eco Landini snocciolando i nomi dei quotidiani adulatori del governo.