È tutta colpa di Twitter? Se l’è chiesto in questi giorni di tregenda Pippo Civati, però ironico, dopo che Bersani – rilanciato dai giornali – si era arrabbiato perché i parlamentari del Pd guardavano più al proprio ipad che al proprio segretario. Twitter ha ringraziato e cavalcato giusto l’altro ieri l’hashtag #ècolpaditwitter con raddoppiata ironia. Su La Stampa, intanto, è in corso un serio dibattito. Titolo: «Davvero twitter ha inciso sul Quirinale?». Non sarà McLuhan, ma c’è parecchio da dire.

E Facebook? Sui profili Facebook di Pierluigi Bersani e Dario Franceschini la temperatura dei commenti raggiunge punte mai viste prima nei momenti di crisi e autocoscienza della sinistra. Se cercate il sangue, fateci un giro. Sabato scorso Bersani titolava la sua nota «Napolitano eletto, risultato eccellente». Come no. Spiegatelo ai 6.222 commentatori che si dividono giudizi come «vai a lavorare in una pompa di benzina», «buffoni», «traditori», «vergogna», «becchino», «vi consegno la tessera», «rivoglio indietro i miei due euro», «pietà per la nazione i cui uomini sono pecore» (una poesia di Ferlinghetti citata per intero), e contabilità spicciola: «900 insulti in 16 minuti, andate tutti a casa».

È del tutto comprensibile che l’ottimismo obamiano della politica sbarcata sui social network possa trasfomarsi in simili lapidazioni verbali. Quel che colpisce davvero è la totale e cruda unanimità dei commentatori. Cialtroni, manica di farabutti, bruciata la tessera, la base chiedeva un’altra cosa, vomitevoli, porci, ci siete o ci fate?, siete da ghigliottina, l’unica cosa eccellente sono state le sue dimissioni (gli dà del lei, ndr), ricordo la commozione di mio padre il giorno dei funerali di Berlinguer, da domani giro con la fascia nera del lutto!!!

Tornerebbe buono qui anche un dibattito precedente, già archiviato, sul blog di Grillo e l’attacco presunto di troll del Pd «per l’accordo col MoVimento». L’ipotesi successiva è che, se c’erano, nessuno li abbia pagati. Ed eccoli qui. Ma perché ci siano dei troll ci vorrebbero almeno dei fan, qualcuno che voglia discutere. Non ce n’è neppure uno. Sul profilo di Dario Franceschini, già protagonista del video di contestazione al ristorante rilanciato da youtube (14.000 visualizzazioni), sotto la nota «Napolitano un gigante» si legge: servo di Berlusconi, ridicoli, bugiardi, delinquenti, via di qua. Eccetera. Franceschini, che nella riunione di direzione di ieri ha affermato «dobbiamo fare il governo col Pdl perché la storia ci ha portato a questo bivio», ora rischia ancor più grosso. «La geografia invece a trovavve un posto ndo nascondeve», in romanesco gli risponde @zeropregi su twitter. Ed è il più delicato.

Nel dicembre del 1989 Nanni Moretti portò una telecamera dentro le sezioni del Pci dove si discuteva il cambio del nome. Cito a caso le frasi di alcuni compagni di base (il documentario si può rivedere tutto su youtube). Compagno di Palermo: «Il Pci prenderà una batosta e se la ricorderanno tutti i compagni del cambiamento, compreso Napolitano compreso Lama e compagnia bella». Compagno di Roma: «Compagni non s’è svegliato Ochetto, me state a dimostrà che ve state a sveglià voi da un sogno perché sono almeno vent’anni che il partito comunista non è un partito comunista». E questi erano i più agitati, diciamo così. E le sezioni del partito erano ancora abitate dai fantasmi di Berlinguer, della base buona, generosa, pure un po’ rassegnata. La Cosa, si chiamava il documentario di Moretti. Oggi la Cosa è la web tv di Beppe Grillo.