Abbiamo tutti sotto gli occhi l’effetto della «crisi», ma è sbagliato usare questa parola, la crisi è un punto di svolta, è quel breve momento in cui una persona malata deve essere ricoverata o muore, ciò che viviamo è il sequel della crisi iniziata ben cinque anni fa. La crisi è frutto della costruzione del neo liberismo come «ideologia del tempo», costruita con meticolosa attenzione e non piovuta dal cielo.

I «ragazzi di Chicago» con una lunga marcia nelle istituzioni, l’hanno man mano imposta, esercitando quella egemonia culturale necessaria per convincere le persone che non ci sono alternative a un’economia che ha portato alla concentrazione del potere in poche mani, creando uno scompenso sociale e una crisi morale ed etica nelle nostre società. I ricchi, quelli che noi definiamo la «classe del diavolo», non hanno nessun interesse a sostenere le democrazie e gli interessi generali, neanche davanti alla possibilità che questa ingiustizia porti a una instabilità politica.

Il livello di povertà nel mondo è aumentato dopo il 2008, le crisi sociali si intrecciano con le questioni climatiche, alimentari. Oggi 50 corporations possiedono il 40% dell’economia globale: 48 di queste sono di natura finanziaria. Il dominio della finanza è totale e meno del 20% degli investimenti di questo mercato va nell’economia reale, dove la situazione peggiora giorno dopo giorno. La disoccupazione in Francia è al 10%, in Grecia, Spagna e Portogallo il 50% dei giovani è disoccupato. Krugman o Stigliz, premi Nobel per l’economia, vedono nelle politiche di austerità il suicidio del continente, attribuendolo alla incompetenza e alla incapacità di analisi e quindi di azione delle oligarchie europee, ma la loro è una visione naif.

Non è così, non è che non sappiano cosa stanno facendo, è semplicemente una questione di scelte; la leadership europea sa benissimo quello che fa e nel conflitto di classe persegue gli interessi specifici della propria parte. La costruzione dell’Unione europea è stata fatta passando sopra le istanze democratiche, sopra i referendum contro la Costituzione fatti in Francia, in Irlanda e in Olanda. Nel 2008, con il trattato di Lisbona, ci hanno detto semplicemente che le persone non verranno ascoltate e che il libero mercato è addirittura garantito costituzionalmente. Dopo l’ enorme crisi del 2007/2008 ci si aspettava che venissero approvate leggi che intervenissero davvero a fermare le speculazioni e controllare le banche. Niente di tutto questo è accaduto, in Europa nessun provvedimento è stato preso. Le banche, dopo aver ricevuto ingenti somme di denaro pubblico, sono tornate al comando usando quelle somme per continuare a darsi stipendi da top manager e bonus. Le istituzioni finanziarie come la Goldman Sachs non solo non hanno avuto  uno stop, ma hanno persino espresso il capo di governo in Italia e in Grecia e hanno rafforzato il loro ruolo nella banca centrale. Quello in atto è uno scontro tra loro e un’idea di Europa che abbiamo costruito, a dispetto della nostra storia fatta anche di genocidi, guerre mondiali, colonialismo, in un ideale di democrazia, diritti umani, cura dei più deboli, libertà personali.

Quello che vogliono è sostituirla con un’idea di individualismo in cui la carità va bene per i più deboli ma non c’è motivo per cui i più ricchi paghino per i servizi pubblici: «Se tu non hai successo nella vita è colpa tua che non hai lavorato duro». Abbiamo la prova malefica di ciò che le politiche di austerità producono. Oggi sappiamo che matematicamente, economicamente, queste non porteranno più occupazione. Portano dentro un gorgo che si allarga sempre più a tutti i paesi europei, in una spirale che li trascina verso il basso, che vuol dire povertà, miseria e disoccupazione. Le persone sono coscienti di cosa sta accadendo, in Portogallo un milione di persone per le strade, una grandiosa mobilitazione in Spagna, i greci fanno delle cose impressionanti sul terreno della solidarietà per sostituire i servizi pubblici che non hanno più risorse per funzionare, la gente fa tutto ciò che è umanamente possibile. Nel frattempo a Bruxelles vige il «silenzio radio», non ci ascoltano per niente. Che cosa dobbiamo fare? È evidente che dobbiamo unirci, è evidente che dobbiamo unire tutti i paesi europei per forzare i funzionari di Bruxelles, la commissione europea, la banca centrale e in più attraversare l’oceano perchè anche l’Fmi intenda che queste politiche devono essere cambiate. Non è più sufficiente che si lotti individualmente o collettivamente a livello nazionale. Bisogna immediatamente passare al livello superiore, bisogna lottare insieme in Europa.
Per questo abbiamo lanciato l’Alter Summit che si terrà ad Atene il prossimo 7 e 8 giugno. La rete dell’Alter Summit è una convergenza di organizzazioni sociali e di movimento, che cerca di costruire un terreno comune su azioni e strategie capaci di affrontare a livello europeo la sfida e creare un’opposizione alle politiche neo-liberiste. Nata da 40 tra strutture sindacali e organizzazioni di cittadinanza attiva e di movimento, conta oggi 189 tra membri effettivi e osservatori. La sua forza è l’articolazione, non solo tematica ma anche geografica, di coloro che la costituiscono. Soggetti europei come la rete Attac, Transform! Europe, istituti di ricerca come Tni, sindacati europei come quello degli insegnanti e soggetti nazionali come la CGgt e Solidaires francesi, Commissione Obrerasdalla Spagna, campagna per il Wefare State, dalla Norvegia il sindacato Verdi insieme ad Igmetall dalla Germania e dall’Italia, tra le altre, la Fiom e l’Arci la Cgil e i Cobas. In Grecia ben 45 tra sindacati e movimenti hanno al momento aderito.
La volontà è di costruire una piattaforma in cui tutti si possano riconoscere e che porti a definire una capacità di intervento unitario anche nel campo politico sui tanti e i diversi aspetti in cui le politiche di austerità e di privatizzazione intervengono. Il percorso che ci ha portato ad Atene è stato un processo costituente ancora aperto ma definito attraverso la scrittura di un «manifesto» in cui sono evidenziate le nostre priorità e le nostre rivendicazioni. La giornata conclusiva vedrà sfilare per le strade di Atene un movimento unitario che per la prima volta nella storia del nostro continente agirà a livello europeo, perchè se la Grecia è stato il laboratorio delle politiche di austerità deve diventarlo anche per la creazione dell’opposizione europea. Sarà un appuntamento importante ma non finirà lì. Finirà quando costruiremo una Europa più giusta, ecologica, democratica e femminista.

Per aderire all’appello e per informazioni www.altersummit.eu