Lo scorso lunedì, al Nuovo cinema Aquila di Roma, è stato proiettato il film Ithaka, diretto da Ben Lawrence e prodotto dal fratello di Julian Assange, Gabriel Shipton. Proiezione affollatissima e replicata a serata già inoltrata per la quantità non prevista di accessi. Un successo. L’evento chiudeva il festival Themate Exhibition on Human Rights, diretto dall’attrice e attivista Isabella Russinova. Era presente il comitato «La mia voce per Assange», che ha illustrato con Laura Morante un florilegio degli oltre ottanta video raccolti nel mondo della cultura e dello spettacolo. Ed ha preso la parola Tina Marinari, responsabile delle campagne di Amnesty International. Il film è stato visto e premiato dal DOCNYK di New York, ma rifiutato dalle recenti rassegne di Roma e di Torino.

Partiamo da qui. Hai scritto la scorsa domenica 4 dicembre sul «Fatto Quotidiano» che il film era stato respinto dai due maggiori appuntamenti di Roma e di Torino con argomentazioni formali, lontane dalle urgenze di una storia drammatica come quella del fondatore di WikiLeaks, che rischia – se estradato – una condanna negli Stati Uniti a 175 anni di carcere.

Sì, è successo ed è stata un’amara constatazione. Forse, si apre un’opportunità al Biografilm Festival di Bologna previsto a giugno, ma si tratta di conversazioni informali con il sensibile direttore, Massimo Mezzetti.

Com’è il film? È un biopic, filone del resto oggi assai diffuso?

Si tratta di un’opera molto intensa, fortissima. Ne sono protagonisti il padre biologico, assente dalla vita del figlio per tanti anni, John Shipton e la moglie di Julian, Stella Moris, nonché – brevemente – il fratello Gabriel. Proprio la compagna, avvocata impegnatissima sul caso di fronte alle Corti del Regno Unito, è l’espressione più emozionante del lavoro. Dà voce e volto ad un personaggio centrale e di grande empatia, sincero e radioso. Proprio la sincerità che esprime Moris fa emergere, per converso, la quantità di omissioni e menzogne che ha contrassegnato la persecuzione di Assange. Purtroppo, il giornalista capace di svelare i misfatti delle guerre e i lati oscuri del potere, ci viene proposto solo nelle immagini carpite dalla lunga permanenza nella sede dell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, interrotta dall’arresto che lo portò nel 2019 nel carcere speciale di Belmarsh. Insomma, è un film da vedere e da far girare, perché ci restituisce almeno una parte della verità.

La verità, tu dici, è il punto chiave dell’intera vicenda.

La verità è la premessa per la conoscenza, senza la quale non si può esercitare alcun diritto. A partire dal diritto ad informare e ad essere informati. Senza sapere non c’è democrazia. Sono sensibilissima al tema della verità e mi diverto ad interpretare espressioni e atteggiamenti. E questo accade anche quando si toccano questioni delicatissime ma non adeguatamente affrontate, come il conflitto siriano (mi riferisco ad un film visto recentemente). Per non parlare della televisione, che peraltro vedo pochissimo.

Ti riferisci ai talk?

Non ne parliamo.

Vero è altro da verosimile. Spesso il falso si cela dietro il verosimile.

Appunto, è indispensabile andare a vedere ciò che si muove sotto la superficie dei segni.

Come mai, tu che sei sempre stata attenta nel tuo rilevante impegno artistico a non dare un’immagine di esplicito impegno pubblico, sei così coinvolta nella lotta per Assange?

Perché il caso di WikiLeaks e l’aggressione al suo fondatore sono l’emblema del pericolo gravissimo che stiamo correndo. Se si perde qui, si perde su tutto. Guai a rimanere indifferenti o a sottovalutare ciò che accade. Per questo ho aderito subito all’appello lanciato dal premio Nobel per la pace Pérez Esquivel, da cui è nato il comitato «La mia voce per Assange». Chiedo a tutte e tutti gli interessati di partecipare con un proprio contributo audiovisivo. Basta il telefono cellulare per girare un breve video. L’iniziativa del Nuovo cinema Aquila è un pezzo di una iniziativa che si sta dispiegando in moltissimi luoghi. Non c’è tempo. La decisione sull’estradizione, come ci ricorda spesso la giornalista Stefania Maurizi instancabile narratrice di tale tragedia moderna, potrebbe arrivare da un momento all’altro.

C’è una relazione con la figura di Alda Merini, che hai appena finito di interpretare in un film di Roberto Faenza?

Alda Merini, straordinaria poetessa, ha passato la vita ad ascoltare una misteriosa voce interiore ed è riuscita quasi sempre a riprodurla secondo verità.